Dimmi chi sei.

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di Giuseppe Campagnoli Giuseppe-Campagnoli

Non vorrei essere biografico ed agiografico insieme, ma è importante presentarsi di nuovo anche a quei pochi (ma buoni) seguaci che ci fanno l’onore di leggerci sia da WP che da Facebook, Twitter e Google+. Invito anche i nostri bravi e volontari autori a presentarsi brevemente e magari argutamente con un post dopo il mio. Qualcuno mi chiede chi siamo e come la pensiamo sulla vita, sull’arte, sulla cultura e sulla varia umanità. Per contraddire il diffuso e maleducato  anonimato e pseudonimato del web è giusto rispondere e ricordarlo ogni tanto.

Dopo la laurea a soli 23 anni agli inizi degli anni ’70 con un percorso difficile, senza molti soldi e con una carriera universitaria preclusa perché non si poteva essere mantenuti fuori casa per il tempo necessario a partecipare ai concorsi facendo l’assistente volontario; dopo un ingresso nel mondo del lavoro anch’esso pieno di sacrifici e rinunce (c’erano già allora laureati che dovevano fare altri mestieri per la crisi ricorrente e la disoccupazione ai livelli di oggi!) ho trascorso una parte della vita nella professione libera di architetto e una parte nella scuola. Da professionista vòlto al sociale e fondamentalmente educato all’onestà non mi sono  arricchito convinto di dare anche come dovere civile. Da insegnante prima, preside e dirigente mercenario in un ufficio periferico del ministero dell’istruzione poi, con un intermezzo breve da amministratore locale  per passione verso la collettività non mi sono egualmente arricchito. Ho invece conservato il patrimonio più prezioso che è l’orgoglio (la vita e le numerose testimonianze di ex studenti, di docenti, famiglie e cittadini me ne hanno dato la conferma) di aver formato bravi professionisti, insegnanti, artigiani e di aver lasciato un segno, spero non effimero, nella società con  piccole opere e impegno quotidiano lungo l’arco di quarant’anni. Ho lavorato anche come pubblico dipendente e, come si dice servitore dello Stato (quello Stato vero, fatto da cittadini onesti, che guadagnano il giusto con il loro lavoro, pagano le tasse e partecipano democraticamente alla vita civile contribuendo al progresso e all’equità sociale) insieme a tanti altri che non hanno approfittato del loro ruolo ma hanno dato tutto per la società civile senza voler mirare al profitto, ai facili guadagni o a un posto di tutto riposo. Spesso ho dovuto difendere la publica utilitas e chi vi lavora dagli attacchi sovente incivili e analfabeti di tanta parte della società (oggi scatenata dietro l’anonimato e la provvidenziale deregulation del web) che considera il lavoro esclusivamente come dedicato parossisticamente al proprio profitto anche a discapito degli altri (la cosiddetta concorrenza), all’accumulo di ricchezza senza dare nulla alla collettività (l’evasione fiscale) o, infine, al tendere costantemente ad una vita al di sopra di quelle possibilità che la Costituzione indica come caratteristiche del vivere dignitosamente non avendone né le capacità né il merito. Oggi, da pochi anni, il mio lavoro principale, utilizzando gran parte di quel “salario differito” che si chiama pensione, guadagnata con sacrificio, rinunce e dedizione dopo 40 anni di impegno e di versamenti e considerata quasi un risarcimento pro-vita per anni di stipendi meno che “europei” per un ruolo più che “europeo”, è quello di contribuire alla formazione dei figli che lo meritano perché sono capaci ed onesti e, non secondario, di continuare ad educare anche con la ricerca, la scrittura e i nuovi media, quella gran parte di cittadini disorientati e perniciosamente influenzati dai tribuni di turno che in Italia hanno avuto tanto appeal fin dai tempi non troppo lontani dell’unità, ahimè,an cora incompleta, della nazione. Potrebbe essere la storia minima di non pochi cittadini italiani che si sentono “saggi” e mettono la loro esperienza al servizio della collettività e da questa dovrebbero essere accolti e “sfruttati” per quel che hanno fatto e continuano, a dispetto dell’età, a saper fare, come avviene in paesi più civili, invece di essere bersaglio di drammatiche pubbliche invettive populiste basate su stereotipi di “invidia sociale”, di disinformazione diffusa e di analfabetismo che ritorna.

Giuseppe Campagnoli, 65 anni, già architetto, docente e dirigente scolastico. Diploma di maturità classica a Recanati, studi di architettura a Firenze, Pescara e Napoli, docente a Macerata e Pesaro, preside a Cagli, Riccione e Pesaro, responsabile dell’Ufficio Studi presso l’Ufficio Scolastico Regionale di Ancona dal 2001 al 2006. Ora ricercatore e saggista no profit nel campo dell’architettura, della scuola, della sicurezza e della cultura in generale. Musicista per passione. Co-fondatore e amministratore di questo blog.

L’ultima lettera su “La Stampa” 23 Gennaio 2014 ” Ci siamo venduti l’abbecedario?”

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2 thoughts on “Dimmi chi sei.”

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