Lo Sguardo Educato (8)

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di Nikla Cingolani Nikla ritratto

 

Il potere dello sguardo

In tema di sguardo, prima di iniziare a scrivere il mio primo post di quest’anno, vorrei augurarvi un buon 2015 impegnandoci ad avere un occhio di riguardo per tutto ciò che ci circonda, per ciò che viviamo, nel rispetto verso noi stessi e gli altri, soprattutto se non la pensano come noi.

Un bellissimo articolo di Davide Ferrario nell’inserto “La Lettura” del Corriere della Sera di domenica scorsa (4 gennaio) dal titolo Non sappiamo più guardare, parla di come lo smatphone o l’iPad abbiano ucciso il cinema e la capacità di osservare il mondo. In effetti, questi piccoli schermi non sfruttano totalmente la potenzialità dell’occhio, ma limitano il fuoco della visione in un angolo sempre più ristretto. La visione, da globale e condivisa, è diventata parziale e privata. Questa riduzione tecnologica spiega la moda dei selfie e la chiusura dello sguardo che, scrive il regista, “ricorda quello che capita al cavallo quando si mette i paraocchi: vedere solo quello che gli sta di fronte. Cioè, solo quello che interessa al padrone che lui veda. Quella che sembra una semplice discussione accademica diventa subito una questione che ha a che fare con la libertà.” Libertà e sguardo sono strettamente legati. Quindi sta nell’occhio la promessa di libertà. Alla fine, tutto dipende dai nostri occhi, dai nostri buoni occhi.[1]

Con questa riflessione che anticipa il finale di questo mio breve saggio a puntate, andiamo avanti a parlare della storia dello sguardo attraverso i due dispositivi, Panorama e Panopticon, che hanno condizionato in maniera massiccia il modo di guardare. Ho iniziato con il tracciare una breve storia del Panorama, il prototipo dei mass media come la televisione e cinema, precursore del concetto di simulacro formulato da Baudrillard poiché il contenuto della riproduzione contiene le aspettative di ciò che vedrà lo spettatore prima che veda le cose reali. Ora che del Panorama ne sappiamo un tantino di più possiamo andare avanti con le nostre considerazioni.

Perché nel XIX secolo c’è una forte e insistente richiesta per il “vero”? Perché il desiderio di presentare una scena illusoria? A cosa rispondeva l’immagine con l’insorgere di nuove ricchezze, nuovi bisogni e nuove fantasie?

L’inganno visivo tentò di soddisfare un doppio sogno, quello di scatenare fantasie di totalità e possesso. Questa tecnologia, con la richiesta degli spettatori che parteciparono al gioco dell’immaginazione, appagò la loro smania di totalizzazione e di estensione. All’epoca gli individui erano afferrati dalla febbre di sperimentare l’orizzonte, scalare campanili e montagne, viaggiare per la prima volta sull’oceano, viaggiare su aerostati, tutte attività che permettevano di vedere senza ostruzioni in ogni direzione.

Honoré Daumier, Nadar Photography to the Height of the Art, 1862, Museum of Fine Arts, Boston.
Honoré Daumier, Nadar Photography to the Height of the Art, 1862, Museum of Fine Arts, Boston.

Il Panorama celebra la capacità della borghesia di vedere le cose da una nuova angolazione. Lo storico Stephen Oetterman prende in causa il dipinto di scena dell’età barocca dove l’unico punto di vista dal quale si poteva guardare il dipinto intero senza alcuna distorsione, era quella del re. Nel caso del Panorama, grazie alla molteplicità degli sguardi raggruppati lungo il perimetro, i cittadini potevano giustamente godere un’intera visione. La posizione di vantaggio che privilegiava il regime, ora poteva essere occupata da chiunque. Chi guardava riconosceva su di sé la sensazione dello sguardo divino, allo stesso modo in cui molti avvertono la presenza di Dio nella loro coscienza. Nel corso del XVIII e XIX secolo gli europei avevano una forte consapevolezza di sé caratterizzata dalla religione; cresciuti con la Bibbia e concetti come eternità e onnipotenza, si vedevano come immagine di Dio. Così, ad esempio, salendo sulla torre di Munster, un luogo all’epoca molto popolare, si aveva la capacità di dominare con il proprio sguardo, scacciando Dio dalla sua posizione. Lo sguardo diventa sguardo di massa, democratico e borghese; non più uno ma molti più sguardi dello stesso valore che confermano l’equivalenza della secolarizzazione dello sguardo di Dio verso l’orizzonte.

Continua…

[1] La libertà negli occhi, Roberto Escobar, il Mulino, 2006.

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