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Basta scuola!

La scuola non basta

In questi tempi bui per l’Italia e per il mondo ripropongo un articolo di qualche tempo fa assai attuale. 

La scuola non basta, non è mai bastata. Violenza, intolleranza, egoismo, sfruttamento, emergenze climatiche e ambientali, dipendenze, criminalità piccola e grande, degrado urbano e territoriale, diseguaglianze. La scuola non basta per uscire dal recinto che contiene ed alimenta tutto questo. Diffondere capillarmente l’educazione potrebbe avviare una rivoluzione persistente e alla fine in qualche modo risolutiva. I dialoghi e i discorsi nei bar, nelle piazze, nei centri commerciali, sul bus, a tavola, al lavoro, dal dottore segnalano una drammatica emergenza libertaria ed educativa dentro e fuori , in ogni luogo, anche culturale, se e quando la cultura è solo moda, intrattenimento, mercato. I luoghi si degradano e con essi le persone che li frequentano ma non li vivono nè li trasformano. Non basta fare convegni, raduni, gruppi, eventi e kermesses spuri e variegati sul clima, sulle migrazioni, sulla sicurezza, il lavoro, la salute. Non basta più e sovente resta solo  un coacervo di lamenti collettivi, promesse, slogans, piccoli angoli di autocompiacimento, buone intenzioni di cui si lastricano ogni giorno  pericolosi e infernali sentieri, viottoli, strade e stradelle. Non è pessimismo  ma sano realismo e ottima spinta  verso una convergenza, di coloro che resistono e vogliono un cambiamento radicale e salvifico, in un unico sforzo che tragga linfa dalla rifondazione della società in un progetto educativo da cui può nascere una vera rivoluzione. Si mettano insieme le buone idee e le buone pratiche senza etichette e bollini, senza sponsor ma con risorse vere e consistenti, umane e materiali. Tante storie ho letto e vissuto che poi restano lì dove sono nate e spesso finiscono senza contaminare e contaminarsi felicemente altrove. Tante belle esperienze non si conoscono o se ne avverte qualcosa troppo tardi. Tantissime scuole. tantissimi insegnanti e studenti, tantissime genti disorientate e irretite vorrebbero trovare la strada insieme per uscire da questo labirinto senza fine in cui ci tiene chiusi un mondo irreale e artefatto gestito e ordinato altrove.

Rieducazione diffusa

Come si recupera più di mezzo secolo di mala educazione  che ha ridotto le persone schiave di chi le vuole sottomesse e senza pensiero? Come si fonda un futuro di buona educazione diffusa per una nuova vita di persone libere, solidali, eque e appassionate ?

Partendo dai luoghi del vivere. Tutti, nessuno escluso e nessuno privilegiato. Partendo da mentori e maestri, tanti, diversi appassionati, bravi e diffusi, o meglio, sparpagliati in ogni angolo, in ogni tempo del giorno e della notte.

Partendo da quei mentori e maestri che già sono in tanti di noi e che solo uscendo da gusci e recinti istituzionali o ingannevolmente innovativi potranno mettersi a disposizione di una collettività disorientata e disillusa , arrabbiata e violenta, preda di tanti pifferai incantatori. Mettersi a disposizione anche quotidianamente, informalente, magari accanto alla scuola che si trasforma e si libera, nel loro piccolo e  intorno bisognoso di tanta controeducazione.

Partendo infine dal mondo per esplorarlo, farvi esperienze e da queste apprendere ciò che piace e ciò che serve, a noi e alla comunità. Non ad altri o per altri. Soprattutto non per chi vorrebbe dominare su tutto e su tutti con il potere, il denaro e i falsi miti.

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Una risata  seppellirà questo mondo morente?

“Sarà la risata della gaia educazione e della controeducazione, atto finale di un percorso lungo ma deciso che potrà toglierci di torno quest’aria mefitica e soffocante. Lentamente occorrerà, dal basso, con lo stillicidio di una disobbedienza lenta e quotidiana, con la pratica di una educazione contro, diffusa in tutto il territorio e tra tutti i cittadini di ogni età recuperare i danni di un neoanalfabetismo culturale, politico, relazionale, affettivo, di natura e di vita, anch’esso diffuso e cresciuto nelle penultime generazioni . La politica tradizionale, mercantile, capitalista ed egoista, quella che ha portato tanti governanti al potere e che forse porterà anche i prossimi, i peggiori in assoluto, finirà, eccome se finirà, anche se tra innumerevoli ulteriori sofferenze soprattutto degli incolpevoli, degli ingenui, degli sfruttati, dei deboli e degli stranieri. Finirà. Ma solo dopo un’azione controeducativa “gaiamente” insistente e felicemente ostinata.”

“Proseguiamo per questo sulla  strada di una scuola senza mura e senza muri. Chi ci ama ci segua e non se ne pentirà, come credo non se ne pentiranno le generazioni future. Tra i nostri fans, da noi e anche all’estero, giovani ventenni ed ultrasettantenni, insegnanti, presidi, maestri e famiglie. Se non ci faremo fagocitare o strumentalizzare da certa politica che gigioneggia ma agisce in modo decisamente reazionario riusciremo ad incidere in senso rivoluzionario sulla realtà. Una rivoluzione sottile, pervicace, costante: una gioiosa macchina da guerra educativa per ribaltare i domini burocratici, economici e sociali che non mostrano nessun segno di mutamento. Solo cosi molti riapriranno gli occhi e le menti liberandosi dall’influenza nefasta dei bravi suonatori di Hamelin nelle istituzioni, nella “cultura”” e nella politica. Tanti mentori “condotti” e riconosciuti potranno guidare e supportare uno spontaneo e collettivo, a volte inconscio, desiderio di educarsi magari disobbedendo e resistendo, cercando nuove vie di conoscenza e nuovi modi di vivere più liberi ed eguali.” Dall’educazione è sempre nato tutto il resto. Nel bene e nel male.

Giuseppe Campagnoli in varie date e in vari luoghi.




L’educazione totale

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L’educazione diffusa è educazione totale. In una città educante coinvolge bambini e adulti, anziani, pensionati, lavoratori e può essere la medicina per l’ignoranza che ci sta portando ad una società illiberale, mercantile, autoritaria ed escludente. Una medicina da prendere subito, prima che sia troppo tardi. La scuola come è ora ha costruito generazioni di analfabeti sociali e funzionali e sta costruendo nuovi pericolosi egoismi dettati dalla paura di chi non sa e non vuol sapere. Ogni luogo e ogni attività della città può diventare occasione di scambio educativo e può aiutare a superare la separazione tra generazioni, tra chi studia e chi lavora o chi ha perduto la bussola della vita per aver perduto il tempo della ricerca e della riflessione preso dalla corsa al profitto e ad un falso benessere. Sono incoraggianti i risultati di esperienze di contaminazione tra generazioni e attività per quello che il dialogo tra mondi che finora sono stati tenuti rigorosamente e pericolosamente distinti  può generare di virtuoso. I mentori e gli esperti, gli spazi diversi, trasformati  e resi multiformi diventano i mediatori di una educazione permanente che non si sviluppa in verticale ma in orizzontale, o meglio in tante dimensioni contemporaneamente.

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Riflettendo in questi giorni di triste realtà italiana e mondiale mi appare sempre più chiaro come una rivoluzione nell’educazione potrebbe salvarci da un futuro che si preannuncia oscuro in mano ai manipoli del cattivo senso e della cattiva coscienza. Riconosco che un’ educazione veramente  diffusa, senza obblighi e recinti, libera e guidata solo dalla voglia di capire e di fare, fa paura a chi detiene il potere, ieri come oggi. E’ proprio per questo che bisogna insistere e cominciare a spargere questo benefico virus dai quartieri, alle città, al territorio, nella consapevolezza che questo cambiamento sarà anzitutto politico come è ben chiaro nel Manifesto che lo ha prefigurato e anticipato. E sarà un cambiamento vero che non ha nulla a che fare con i falsi o negativi cambiamenti che la politica istituzionale promette da sempre ma raramente realizza o realizza malamente con l’imposizione e l’autorità. Sarà un cambiamento che potrà incidere sul pensiero dell’uomo, sulla sua vita e sul suo agire perchè è dall’educazione e dai suoi luoghi diffusi che tutto ha origine: l’economia,  il lavoro, l’alimentazione, la salute, il clima, la pace, la tolleranza…E’ un’arma non violenta che spesso ha risollevato le sorti dell’umanità in varie parti del mondo. e della sua storia. Mettiamo insieme tutte le esperienze in atto e in progetto che operano nella stessa direzione e costruiamo un grande collettivo educante. Se ne gioveranno i bambini, le città, le campagne e le genti che le abitano. Scrive Scuola Libertaria su FB : “Se io ho un sistema politico o pedagogico che produce effetti specifici su una comunità, sono soltanto questi effetti che devo guardare per capire di quale sostanza è fatta la natura di quel sistema, e porvi rimedio. Le discussioni, le elucubrazioni, i parapiglia che avvengono intorno alle questioni sociali non hanno alcun valore di fronte ai dati evidenti inoppugnabili. Se il sistema educativo produce una siffatta società, è il sistema che deve essere additato ed eliminato, non chi ne è vittima, a maggior ragione quando questo sistema è stato disegnato espressamente da un’élite per riprodurre il proprio privilegio e un tipo preciso di architettura o dinamica sociale. Si parlerà allora di cambio di paradigma, non di modifica dello stesso. Questo può avvenire soltanto quando gli individui si libereranno dal dogma della scuola, dalla sua liturgia, cioè quando impareranno a voler essere se stessi e non ciò che altri hanno deciso che debbano essere.”

Da Settembre vorrei avviare una serie di trasmissioni interattive dal canale della Scuola senza mura per discutere in tempo reale di questi argomenti, lavorarci insieme dare suggerimenti e consigli a chi stesse avviando esperimenti e iniziative.

Giuseppe Campagnoli

19 Giugno 2018




Les italiens

di Giuseppe Campagnoli

 

 

Dall’epilogo del libro “Italiani. Dèjà vu” riscrittura in chiave moderna del “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli Italiani” Feltrinelli  2009, rivisitato ad oggi 5 Marzo 2018.

Ma qual è  oggi la  “classe ristretta” di cui parlava Leopardi? E  chi sono oggi i perfetti epigoni di quel cinismo nell’animo, nel pensiero, nel carattere, nei comportamenti nel modo di pensare, di parlare, di agire ? Chi nell’economia, nella politica, nelle comunicazioni, nei media? E’ fin troppo facile riconoscere queste categorie che fanno capo ai personaggi più in vista eredi di quella società “per bene” non impegnata a procurarsi il pane quotidiano e che blatera sempre di popolo! Dove il ricco è bene che resti ricco purchè faccia ipocritamente professione di populismo. Dove i salotti dei tempi di Leopardi hanno solo mutato sembianze ma non sostanza… Dove ci si attacca a vicenda quotidianamente e in pubblico… e ci si  adula  nel privato! E allora riconosciamo in quelle conversazioni leopardiane senza amor proprio, ciniche e violente, le rubriche lettere al direttoredi molti giornali, gli editoriali al vetriolo, i talk show infingardi e aggressivi, le notizie false, tendenziose e parziali, la caccia allo scandalo, l’avversario politico che diventa nemico, le miserie umane che diventano fiction e viceversa.

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Gli italiani per bene sono questi. Di quelli che  sono occupati dai propri bisogni primari non si parla o si parla poco o diventano gli oggetti di carità ed elemosina mentre chi si è procurato ricchezze quasi sempre sfruttando gli altri  predica la tolleranza e la solidarietà, ma anche l’intolleranza verso i diversi, la riduzione delle tasse anche a chi non le ha mai pagate, il liberismo invece del liberalesimo. E’ nel fondo di questi nuovi tribuni non c’è traccia dei concetti  di libertà, eguaglianza e fraternità concetti che anche leopardi mostrava di ammirare nel citare la Francia come esempio di modernità e non c’è traccia di cultura e di istruzione contando sulla mancanza di alfabetizzazione delle masse ormai in loro balia.

Da qui la certezza che la democrazia della maggioranza quando questa è plagiata da quelle ciniche conversazioni è una falsa democrazia e che molto più spesso sono da apprezzare le minoranze illuminate che possono emancipare le maggioranze obnubilate dai sempreverdi “oppi dei popoli” che citava Leopardi: ..le chiese, le feste, i passeggi, le gastronomie, gli spettacoli… ad usum delphini… Il vero dramma e la vera farsa è che oggi quella classe ristretta  se possibile cinicamente ipocrita “delle feste, degli spettacoli, delle chiese” e delle risse televisive e del web, è stata indotta a crescere fino a diventare la più della metà degli italiani, quella che poi vota, sceglie e contribuisce ad affondare il bel paese. Per la verità questa massa è stata in crescendo fin dal nostro vergognoso ventennio di inizio secolo, attraverso cinquant’anni di emblematica classe di governanti dedita a quelle perniciose conversazioni ed un ultimo lustro in cui si è assistito al sublimato di questa società ristretta che ha occupato i salotti reali e virtuali, le aule, i parlamenti come non mai, come se i ”lumi” positivi della morale si fossero definitivamente spenti nel giubileo del danaro, delle feste, delle chiese, dei furbi e dei corrotti. Ne è scaturito un vezzo prevalentemente italico dell’effimero in tutte le manifestazioni della vita privata e anche pubblica.

Si è consolidato un adattamento di tutta la penisola alle superficiali poche  antiche cattive abitudini ed agli ozi del mezzogiorno d’Italia che in questo si è completamente adagiato  nel tempo consentendo una seconda definitiva conquista da parte dei poteri forti, del malaffare e dello stellato “nuovo che avanza” anche attraverso le stesse “ chiese”, feste, comizi…Non per nulla i sostenitori di questi nuovissimi, vecchissimi tribuni, interpellati sulla loro scelta elettorale, vi hanno riconosciuta la Democrazia Cristiana perduta. 

Queste  “chiese,feste e comizi” che rappresentano il sublimato della violenza del conversare e  l’intolleranza palese o sottintesa verso gli altri si moltiplicano nella carta stampata,nella televisione, nei bar, nelle liti condominiali, nelle tribune politiche  come se fossero aspetti naturali della vita. C’è anche chi si meraviglia che queste manifestazioni di stupidità non siano apprezzate perché tuttosommato danno la parola alla gente comune permettendo di esprimersi. Non si rendono conto gli amanti di tali spettacoli che  si sta plasmando un pubblico inetto e  incosciente tutto preso dalla virtualità e dall’invenzione  per non accorgersi di essere sfruttato ancor di pu’ e più incisivamente di quando esisteva la classe contadina e quella operaia cioè quella che Leopardi descriveva come  non dedita alle conversazioni perché troppo occupata  sopravvivere. Tutto è oggi manifestazione di apparenza senza contenuti, esibizione senza costrutto, sproloquio di convegni e media che finiscono per convincere la gente che quella sia la vita mentre in realtà è solo virtualità che offusca la realtà e impedisce di percepirne le miserie e i pericoli. Il trionfo della mediocrazia e dell’analfabetismo funzionale. La vita è ricolma di slogans, eventi, campagne tutte tese all’esibizione fine a se stessa, lontanissime da ricadute positive nelle trasformazioni della realtà e nel miglioramento della vita civile e nei comportamenti privati che su questa incidono. Gli italiani, anche quelli una volta preoccupati dei loro bisogni quotidiani sono stati ammaliati da pochi imbonitori immorali e amorali  con  il miraggio di un benessere falso e di breve durata che non consente di percepire la propria aumentata povertà, di presunti valori ripescati nelle soffitte dei tempi peggiori dell’umanità.

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Altri  presunti valori emergono prepotenti e subdoli, alimentati da quel nostro egoismo e  diventati bandiere per una moltitudine di altri poveri, più sfruttati ed  “armati” dalle economie e dalle religioni vecchie e nuove ora alleate le une contro le altre, con molto più pericolo che non ai tempi di Leopardi dove almeno non era realmente minacciata la stessa specie umana per colpa  di poche canaglie, di qualche imbecille e di molti utili idioti. Le frasi di Giacomo Leopardi cosi’ come quelle della mia traduzione in  volgare sembrano dei pensieri alla rinfusa,delle idee che si rincorrono e andrebbero lette quasi come degli afosrismi dedicati al  popolo italico  o a quel che oggi appare, al di là dei suoi confini geografici e della sua storia  che con un a lunga sofferta pausa  dalla fine dell’Impero romano  al 1861 (una data ma non un cambiamento)  gli ha consentito di chiamarsi “popolo” a dispetto di qualsiasi anacrionistica ed  egositica spinta eccentriche. giustificata maldestramente  e parzialmente con alcune storie anche discutibili non  con motivazioni di ampio respito sociale, storico ed economico.

L’Italia è stata fatta credo anche con una certa forzatura non così gli italiani che, ahimè, sono ancora avvezzi a seguire i tribuni di turno e i pifferai di Hamelin non accorgendosi di dove verranno condotti, come frotte di sorci sbandati.

Da molte frasi del Discorso si puo’ capire molto del presente: l’opportunismo politico e senza ideali di molti italiani che danno il loro consenso a chi promette loro favori personali o di categoria  pronti a toglierlo il  giorno dopo  se le aspettative personali sono disattese senza alcuna considerazione del fatto che altra cosa è la collettività, la difesa dei piu’ deboli  e la loro emancipazione. E’ evidente anche la persistente  tendenza illiberale ed egoista  di chi non deve preoccuparsi dei bisogni primari  mentre è impegnato  nelle feste, nei passeggi e negli spettacoli: nel successo  nella vita mondana come obiettivo  esistenziale che diventa strumento del potere  e di controllo subliminale nel perpetuare lo slogan panem et circenses. Tutto cio’ anche perché è sempre meno presente quella “società ristretta” che dovrebbe essere l’avanguardia e la difesa della vera democrazia e della libertà  che non è  facoltà di fare cio’ che si vuole a discapito dei piu’ deboli cui si negano le  pari opportunità e cui viene dalle “chiese” e dai “poteri vari” riservata una generica “caritas”  con la certezza, in buona  o mala fede, di essersi liberati la coscienza.

Per questo non  è proprio il caso di meravigliarsi che gli italiani , fatte le dovute illuminate ma rare eccezioni, mostrino  in fondo un’anima prevalentemente conservatrice, qualunquista, ignorante, maleducata e opportunista a tutti i livelli come i segni inequivocabili  del vivere quotidiano e della comunicazione  continuamente ci ricordano  con:

  • le dita a forma di corna  e i vaffa dei politici da operetta di cui bisogna aver paura dopo il primo moto di riso
  • le magliette  che insultano le  chiese altrui
  • le chiese che insultano la natura, la scienza di tutti e la coscienza altrui
  • i media che si rincorrono nella competizione della menzogna e del qualunquismo
  • i  politiciche incitano all’illegalità e alla furbizia
  • i ricchi  sempre piu’ ricchi e “caritatevoli”  e i poveri sempre piu’ poveri ma  nascosti e  pieni di pudore  sulla loro condizione: chè tanto gli italiani si lamentano sempre ma stanno tutti bene…
  • la lingua infarcita di luoghi comuni televisivi e di  illetterato gergo  mediatico
  • l’esibizionismo di singoli e gruppi
  • l’incitazione della televisione a volgari forme di voyeurismo ,di violazione della privacy ,di sciacallaggio sulle disgrazie altrui e sulle colpe “gridate” ma non sempre provate
  • le scampagnate con, o stuzzicadenti a mezza bocca ed i prati  alla fine lasciati con quintali di immondizia
  • chi produce rifiuti ma non  li vuole accanto a sé
  • chi usa mezzi che la tecnologia  offre ma non  ne vuole sostenere i danni
  • chi non paga i tributi dovuti a Cesare ma vuole lo stesso i suoi servigi
  • chi continua a guardare la pagliuzza negli occhi degli altri ma non la propria enorme trave
  • le verità confezionate dai subdoli grandi comunicatori  per un popolo di poveri di spirito di cui non sarà mai il “regno dei cieli”
  • il revival degli spiriti” e delle chiese per la grande abitudine alle fiction e  l’ignoranza delle cose della natura
  • L’abbandonarsi alla propria beata ignoranza credendo che l’ultimo venuto ineffabilmente ammaliatore possa risolvere tutti i problemi dell’Italia

E, in fin dei conti, poiché sembra che si sia principalmente dediti  poco a riflettere e  ridere di sé e moltissimo  a guardare e  deridere gli altri, converrà prepararsi a castigare con la satira e con una sottile rivoluzione tanto malcostume oppure preparare le valige come fecero nei tempi bui tanti nostri illustri antenati consapevoli di non essere profeti in patria.

Giuseppe Campagnoli 5 Marzo 2018

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