Il 10 Giugno 2022 presso la benemerita (perché ha sempre squisitamente ospitato gli incontri sull’educazione diffusa fin dai prodromi del 2007) Biblioteca San Giovanni del Comune di Pesaro, si svolgerà un incontro sulla città educante.
L’occasione è la presentazione del pamphletto parateatrale “La Commedia della Città educante” accanto alla proposta dello studio, sempre sul tema di città ed educazione, apparso recentemente sulla rivista accademica francese Le Télémaque.
Durante l’incontro si farà la storia delle presenze presso la Biblioteca dell’educazione diffusa fin dal 2007, anno della presentazione del volume “L’architettura della scuola”, passando per “Il Manifesto dell’educazione diffusa” del 2017 e infine le “Istruzioni per l’uso” del 2021.
L’architettura della scuola. 2007La città educante. Manifesto dell’educazione diffusa.2017Educazione diffusa.Istruzioni per l’uso.2021
Una teoria che segue il tragitto della nascita e della crescita dell’idea di educazione diffusa e della città educante che oggi è nella fase di formazione di quelle figure che potranno proporre ed attuare prove sul campo della scuola pubblica in via ufficiale o trasversale.
Si racconterà come si è arrivati all’idea semiseria di un racconto che funge da utile canovaccio per una rappresentazione teatrale e come questo sia il frutto di alcune esperienze sul campo, non sempre riuscite e non sempre supportate dall’apparato istituzionale cosiddetto “dell’istruzione”.
Qui il link per la versione “di lusso” della Commedia della città educante:
Si presenterà infine il saggio che ha varcato, dopo tanti esami scientifici e redazionali, i nostri confini per consolidare la conoscenza del progetto anche all’estero e si farà il punto dell’attualità con le ultime notizie sulle iniziative di formazione e l’istituzione di una compagine di “attivisti” nel territorio per progettare e realizzare iniziative sperimentali nella scuola pubblica, censire e mettere in rete tutte le esperienze piccole e grandi già in essere in tema di educazione diffusa.
Aspettiamo che vi sia una partecipazione numerosa delle genti di scuola e non solo, delle amministrazioni territoriali, delle associazioni, delle famiglie: di tutti coloro che hanno a cuore la necessità di avviare un vero e radicale cambiamento in fatto di educazione, territori e quindi di concezione della vita e della natura soprattutto in questi foschi tempi.
Se la partecipazione, come temo-visti i tanti disimpegni e resistenze diffusi rispetto alle virtuose mutazioni- fosse rara e distillata, ne parleremo comunque intorno al tavolo e diffonderemo il resoconto dell’incontro “per pochi eletti” nei nostri consueti canali. Gutta cavat lapidem dicevano.
Mi sarebbe piaciuto veramente scrivere un articolo per smentire platealmente l’essenza del recente canovaccio della Commedia della città educante e il racconto non proprio edificante dell’articolo di qualche tempo fa intitolato “Buona educazione”. Debbo invece ribadire la sensazione che in Italia non si voglia affatto cambiare nulla in materia di educazione e anzi spesso si spaccino per innovazione, riforme e perfino annunciate rivoluzioni. Tutto ciò è invece solo un fare gattopardesco e tristemente conservatore che vede complici i mainstream politici, culturali, amministrativi e del variegato mondo mediatico, scrittorico, giornalaico e saggistico che si occupa di “scuola”. Ho avuto prove ad ogni angolo del nostro girovagare divulgativo reale o virtuale.Boicottaggi e ostacoli burocratici inventati o ingigantiti ad ogni piè sospinto dall’amministrazione scolastica e non solo. Virtuosi ed entusiasmanti esperimenti sono stati costretti ad interrompersi o a minimizzarsi con mille scuse istituzionali che vanno dalle paranoie sicuritarie ai cavilli di burocrazie d’altri tempi. L’unica consolazione resta comunque quella che gran parte del mondo degli studenti, degli insegnanti, dei genitori e di qualche illuminato consesso accademico stanno mostrando grande interesse e voglia di contribuire a propagare e avviare pratiche dell’educazione diffusa, malgrè tout, perfino passando dalle esperienze parentali o avviando sperimentazioni sottotraccia per infiltrarsi pro bono nel sistema istituzionale. Nonostante la pervicacia dei poteri, piccoli e grandi.
L’ultima perla, che tradisce tante affinità con la tragicomica commedia che ho voluto scrivere come un divertissement da castigat ridendo mores è il recente approccio con la realtà amministrativa di un comune vicino a dove risiedo che si era reso inopinatamente e fortemente disponibile ad accogliere una proposta di formazione e di presentazione dell’idea spingendosi anche a prefigurare delle prove suo campo, considerando nella fattispecie la vocazione culturale, storicamente consolidata, del municipio in questione anche con un prestigioso festival dedicato al teatro in piazza.
Sulla scia di città che hanno dato in precedenza tristi prove di scorrettezza istituzionale oltre che di pressappochismo culturale, tra cui posso ahimè annoverare anche luoghi e capoluoghi della mia regione le cui prodezze fanno parte delle storie raccontate nell’articolo citato in precedenza, o di gruppi e associazioni legati a città e contesti i più vari che ci hanno coinvolto in iniziative promettenti e poi sono invece sono sparite alla nostra vista insalutate e inspiegate ospiti (Ricordo tra le altre Venezia, Camerino, Asti, Trento, Pontedera, Genova…) anche questa bella (forse solo per i muri e la natura) città ci ha mollato senza alcuna spiegazione e motivazione. La sequenza dei fatti è indicativa.
Su invito di una nostra amica appassionata e veramente impegnata nel cambiamento radicale in ambito educativo abbiamo avuto un incontro con una assessora (oggi si scrive così) cui abbiamo, nel dicembre scorso, descritto l’idea e il progetto (tra l’altro asseriva di conoscerlo già) ricevendo un riscontro di interesse e l’invito a risentirci non più tardi dell’inizio dell’anno successivo (gennaio 2022). Sed fugit irreparabile tempus. Passano invano ulteriori contatti epistolari con ulteriore documentazione. Nessuna risposta, di nessun tipo in questi ultimi 4 mesi. Neppure ad una mia temeraria ma correttissima PEC!
Per tutto questo ho pensato di tornare a bomba, come si dice con una metafora non aggressiva, e oltre a pensare con Paolo Mottana ad ulteriori incontri organizzativi sul territorio e sessioni formative ed attive, ho già programmato la prima presentazione pubblica del “gioco” teatrale “La Commedia della città educante” come stigma del diffuso comportamento passivo o di fatto disimpegnato e conservatore in materia di educazione di chi governa gli stati, i territori, le città. L’evento è previsto per il 10 Giugno 2022 dalle ore 17,30 presso la Biblioteca San Giovanni di Pesaro. E non sarà solo una presentazione dell’ennesimo libretto.
Accanto alla illustrazione del piccolo pamphlet ci sarà un riepilogo della nostra storia a partire dalla pubblicazione del Manifesto dell’educazione diffusa nel 2018 fino al racconto dello sbarco ufficiale e accademico dell’idea in una altro paese, la Francia con la pubblicazione, ora anche cartacea dello studio: “L’éducation diffuse et la ville éducatrice” nel N°60 della rivista accademica Le Télémaque, nel gennaio 2022.
Inviterò anche i sensibilissimi rappresentanti delle amministrazioni che dovrebbero occuparsi di scuola.
E pensare che, come scritto in un mio recente appello, realisticamente un cambio radicale e progressivo del paradigma educativo globale potrebbe modificare le idee su tanti aspetti della vita ed aiutare non poco a scongiurare o mitigare tanti di quelli che siamo soliti chiamare i mali del mondo. Senza passare per una educazione libera e diffusa non credo che le cose del mondo potranno mutare in positivo. Gli eventi di questi tempi ce lo mostrano con terribile evidenza.
Giuseppe Campagnoli 30 Aprile 2022
Foto di copertina ”La scuola del mare” Titti Tarabella.
Di questi tempi parlare di educazione potrebbe contribuire ad una riflessione sull’origine dei mali che affliggono questo mondo che non ha mai pensato a quello che scrivevano Rousseau e tanti altri pensatori prima e dopo di lui sul possesso, il dominio, i confini, le disuguaglianze, la competizione, la meritocrazia e quindi, la guerra. L’educazione potrebbe suggerire strade per uscire dalle paranoie e dai conflitti anche ideali indotti dalle pandemie, dalle guerre in atto, dalla pervicacia cinica e criminale dei poteri economici e politici oggi imperanti a dispetto di popoli ingannati, oppressi, sfruttati, bombardati e costretti spesso ad una fuga perpetua. Potrebbe altresì far superare le artificiose divisioni dettate da ignoranze indotte e interessi pervasivi che stanno aggravando gli effetti dei conflitti, delle malattie, dell’abuso della natura, delle iniquità quotidiane e globali.
L’educazione autonoma e diffusa, collettiva, autogestita non sicuramente la scuola asservita ai governi, alle istituzioni e quindi al mercato ed al profitto, potrebbe aiutare nel tempo a cambiare radicalmente le cose. Basterebbe provarci anche mettendo insieme e deviando le risorse che vanno oggi invece disperse in tassazioni e contribuzioni che preferiscono essere utilizzate per aumentare le spese in armi invece che per la salute, i territori, l’educazione, l’ambiente. Per questo mi fa piacere condividere la notizia che, oltre ad altre occasioni e avvenimenti, anche una nota rivista accademica francese ha accolto una storia dedicata all’idea di città e territorio educanti nel n° 60 de Le Télémaque, apparso a Gennaio 2022, dedicato all’arte di educare.
Chissà che quella che alcuni considerano pavidamente una utopia non possa invece diventare realtà (trajet virtuel et trajet reél) e contribuire a far crescere menti e corpi liberi, autonomi e amanti della pace, quella vera
L’educazione diffusa e la controeducazione. Le trajet virtuel.
L’educazione diffusa: la nostra idea e pratica di educazione diffusa trae origine dall’idea di controeducazione che interpolata con l’esigenza di non lasciare tutto al caso si traduce nel concetto di educazione diffusa “guidata” da mentori e maestri ad hoc, magari anche in una istituzione autonoma e libera. La rivoluzione contempla la destrutturazione del sistema di istruzione verso un sistema educativo che contempla aree di esperienza, diversi luoghi educativi nella città e nel territorio, tanti insegnanti ed esperti diffusi e il superamento delle materie, dei voti, dei compiti, degli esami, delle “didattiche”, della misurazione, classificazione e selezione così come la conosciamo. La controeducazione appunto è la linea guida.
Le disquisizioni, un po’ di lana caprina, filosofiche e semantiche sulle educazioni, formale, informale, non formale, si superano con il concetto di educazione diffusa che, in una unica definizione, le racchiude e le integra superando anche l’obsoleto paradigma della scolarizzazione di cui molto lucidamente scrisse Ivan Illich. Le teorie, i modi e i luoghi dell’educazione non si possono separare e distinguere dalla vita di chi cresce e apprendelungo tutto l’arco della sua esistenza. Perfino un recente seminario promosso dall’INDIRE sul tema delle educazioni formali e informali ha sancito una convergenza sul fatto che ne debba essere superata la distinzione artificiosa e opportunista che ha condotto nel tempo a separare chi apprende formalmente da chi lavora, da chi apprende informalmante e, in sostanza, da chi vive i territori e le città. Scriveva Charles Fourier: “Non bisogna sottomettere il desiderio, la passione e la curiosità alle istituzioni perché l’educazione non deve coartare la natura ma assecondarla e consentire all’uomo di svilupparsi nom di trasformarsi ad uso e consumo di qualcun altro. L’educazione non può imporre un fine prestabilito e preordinato ma scoprire e attualizzare le infinite possibilità dell’essere umano senza selezioni e senza costrizioni” così come il poeta e filosofo Giacomo Leopardi:
“L’attenzione de’ fanciulli è scarsa per la moltitudine e forza delle impressioni in quell’età, conseguenza necessaria della novità ed inesperienza : le quali impressioni tirando fortemente l’attenzione loro in mille parti e continuamente, l’impediscono di essere sufficiente in nessuna : e questa è la distrazione che s’attribuisce ai fanciulli, tanto più distratti, quanto più suscettibili di sensazioni vive e profonde…”(6. Feb. 1822)
Anche Celestin Freinet considerava essenziali l’esperienza, lo studio e la ricerca fuori dalle mura scolastiche, l’ apprendimento condiviso e reciproco, l’autorganizzazione della vita collettiva con attenzione alla singolarità di ciascuno cercando di non separare l’educazione dalla vita e quindi la scuola dalla vita.
“La scuola è diventata la speranza di soluzione per tutto. Ma è ancora chiusa fisicamente e idealmente è controllata da programmi, burocrazie e indirizzi.
Di fatto è così. È da lì che proviene la comprensione delle cose e la capacità di discernere e di decidere. Un nuovo fallimento nel rifondare la scuola sarà il fallimento per tutto il resto. Pensiamoci bene ed evitiamo di fare demagogia o populismo.Abbiamo già affrontato il problema scuola e proposto alcune soluzioni tanto per partire con il piede giusto. Questi i punti essenziali e, a nostro avviso, irrinunciabili da cui deriverebbe una organizzazione ribaltata del concetto di scuola per andare decisamente oltre.
Rivoluzione sottile dei concetti di educazione, istruzione e formazione per rafforzarne i significati collettivi e diffusi.
La controeducazione è “l’affinamento molteplice della nostra sensibilità, del nostro gusto, della nostra capacità di fare di ogni gesto della vita una continua occasione di arricchimento plenario, dove la testa che conosce non è mai staccata dal corpo che sente e dove il godimento del corpo che sente non è mai staccata da una testa che percepisce, elabora, assorbe in un reticolo di corrispondenze di illimitata potenza”, Paolo Mottana in Controeducazione. Non più maestri e scolari ma guide ed esploratori della conoscenza e del fare sparsi per le città e i territori.
Ridefinizione dei luoghi dell’apprendere in una accezione di ricerca, scoperta scambio diffuse a tutta la città, e al territorio.
Ogni luogo è atto all’educazione purché se ne esalti il significato didascalico e di formazione collettiva seguendo un filo rosso tra interessi individuali e necessità collettive. L’ultrarchitettura e la scuola diffusa è andare oltre la funzione codificata dei manufatti – scuole, musei, botteghe, teatri… – e dei luoghi – piazze, strade, radure, boschi… – per renderli virtuosamente eclettici, sottratti al mercato e restituiti alla collettività anche in funzione educante.
Non si esaurisce qui il problema ma i capisaldi imprescindibili sono quelli indicati e se non si affronterà la situazione in questo modo l’Italia e forse il mondo intero non si riprenderanno mai dalla perniciosa malattia del mercato e del dominio. Cerchiamo di riscattare l’abbecedario dalle lusinghe di Lucignolo e dalla furbesca perfidia del Gatto e della Volpe mercanti, ladri e truffatori che poi, anche per i classici, coincidevano in Mercurio dio di entrambi.
L’istruzione di massa della seconda rivoluzione industriale ha costruito la scuola come “fabbrica” dell’istruzione, con un modello sostanzialmente tayloristico: pensate alla nostre aule in fila, alle scansioni temporali, alle sequenze “disciplinari”, alle “tassonomie” che regolano l’attività ed il lavoro scolastico. Non pensate a Taylor come un esperto di produzione industriale: si fece le ossa invece nel settore trasporti. Era un esperto in “logistica” diremmo oggi. Molto più vicino a Max Weber che a Ford… E noi abbiamo trasferito il paradigma “amministrativo” nell’organizzazzione “specializzata” della riproduzione del sapere. Ma abbiamo mandato a scuola “tutti” (almeno come intenzione).
Il funzionalismo ha creato spazi più o meno assennati per contenere “funzioni”, dimenticandosi che dovevano essere “abitati da uomini” (anzi da “cuccioli ” di uomo in crescita) non da funzioni (ma non è così in certa nell’edilizia popolare?). E noi continuiamo ad essere preoccupati (è pure necessario) di indicatori come i mq per alunno e come dimensionare le “classi” o i “laboratori”.
Quello dell’educazione diffusa è un progetto di contro educazione e insieme di contro architettura che si fondono per aprire i luoghi e i protagonisti (giovani, adulti, anziani, mentori, maestri e cittadini) dell’educazione a tutta la città ed al territorio in una accezione di libertà del tutto nuova ma irrinunciabile per scongiurare gli effetti nefasti, già ammessi, in una sorta di autocritica ipocrita, anche dalle rilevazioni dei mercanti globali, dell’abisso in cui è sprofondata la scuola italiana e non solo.
Avec l’éducation diffuse chacun est reconnu comme une personne humaine dans ses caractéristiques constitutives d’unicité, d’irrépétibilité, d’inépuisabilité et de réciprocité. L’éducation ne doit pas fabriquer des individus conformistes, mais réveiller des personnes capables de vivre et de s’engager: elle doit être totale, non totalitaire, gagnant une fausse idée de neutralité scolaire, d’indifférence éducative, de désengagement.
ReseArt Arte, cultura, educazione, politica, sociale e varia umanità
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