Discorsetto sopra lo stato presente dei costumi degli italiani.
Ora quella classe stretta di cui scriveva Giacomo domina sul popolaccio italico che ha lasciato fare chi lo porterà alla ineluttabile ruina.
Ma qual è oggi la “classe ristretta” di cui parlava Leopardi nel 1824? E chi sono oggi i perfetti epigoni di quel cinismo “nell’animo, nel pensiero, nel carattere, nei comportamenti nel modo di pensare, di parlare, di agire”? Ci sono nell’economia, nella politica, nelle comunicazioni, nei media? E’ fin troppo facile riconoscere queste categorie che fanno capo ai personaggi più in vista eredi di quella società “per bene” non impegnata a procurarsi come tutti con fatica il pane quotidiano! Dove il ricco è bene che resti ricco purchè faccia ipocritamente professione di populismo. Dove i salotti dei tempi di Leopardi hanno solo mutato sembianze ma non sostanza. Dove ci si attacca a vicenda quotidianamente e in pubblico… e ci si adula nel privato! E allora riconosciamo in quelle conversazioni leopardiane senza amor proprio, ciniche e violente, le rubriche lettere al direttore di molti giornali, gli editoriali al vetriolo, i talk show infingardi e aggressivi, le notizie false, tendenziose e parziali, la caccia allo scandalo, l’avversario politico che diventa nemico, le miserie umane che diventano fiction e viceversa, i pulpiti pieni di invettive, insulti, minacce e bugie. Gli italiani sedicenti onesti e cittadini “per bene” sono questi, mentre di quelli che sono occupati dai propri bisogni primari non si parla o si parla poco o diventano gli oggetti di carità ed elemosina mentre chi si è procurato ricchezze quasi sempre sfruttando gli altri predica la tolleranza e la solidarietà, ma anche l’intolleranza verso i diversi, la riduzione delle tasse anche a chi non le ha mai pagate, il liberismo invece del liberalesimo, il populismo al posto della democrazia partecipata. E’ nel fondo di questi nuovi tribuni, sempre più ricchi, non c’è traccia dei concetti di libertà, eguaglianza e fraternità, concetti che anche Leopardi mostrava di ammirare nel citare la Francia come esempio di modernità. Da qui la certezza che la democrazia della maggioranza quando questa è plagiata da quelle ciniche conversazioni è una falsa democrazia e che molto più spesso sono da apprezzare le minoranze illuminate che possono emancipare le maggioranze obnubilate dai sempreverdi “oppi dei popoli” che citava Leopardi: ..le chiese, le feste, i passeggi, le gastronomie, gli spettacoli.
Discorsetto sopra lo stato presente dei costumi degli italiani.
Tra sardine, venerdì per il futuro, sindacati ed educazione da diffondere.
Ma qual è oggi la classe ristretta di cui parlava Leopardi nel 1824? E qual’è il popolaccio preso dalle cure del sopravvivere? E chi sono oggi i perfetti epigoni di quel cinismo “nell’animo, nel pensiero, nel carattere, nei comportamenti nel modo di pensare, di parlare, di agire”? E’ fin troppo facile riconoscere queste categorie che fanno capo ai personaggi più in vista eredi di quella società per bene non impegnata a procurarsi come tutti con fatica il pane quotidiano. Quella società dove il ricco è bene che resti ricco purché faccia ipocritamente professione di populismo. Quella società in cui i salotti dei tempi di Leopardi hanno solo mutato sembianze ma non sostanza e i padroni e padroncini resistono a dispetto dell’evidenza naturale e sociale. Riconosciamo facilmente in quelle conversazioni leopardiane senza amor proprio, ciniche e violente, le rubriche di molti giornali, gli editoriali al vetriolo, i talk show infingardi e aggressivi,i titoli razzisti e violanti, le notizie false, tendenziose e parziali, la caccia allo scandalo, l’avversario politico che diventa nemico, le miserie umane che diventano fiction e viceversa, i pulpiti pieni di invettive, insulti, minacce e bugie. Gli italiani sedicenti onesti e cittadini “per bene” sono questi, mentre di quelli che sono occupati dai propri bisogni primari non si parla o si parla poco meno che quando diventano gli oggetti di carità ed elemosina oltre che di manipolazione quotidiana. Chi si è procurato ricchezze, quasi sempre sfruttando gli altri, predica spesso la tolleranza e la solidarietà, ma, di contro, anche l’intolleranza verso i diversi, la riduzione delle tasse a chi non le ha mai pagate, il liberismo, il populismo e il nazionalismo al posto della democrazia partecipata, il green chic e l’elogio della crescita shock neoliberista “chefabeneatutti” al posto della rinuncia alla crescita per salvare la natura nostra e del mondo.
Nel fondo di questi nuovi tribuni, sempre più ricchi, non c’è più traccia dei concetti di libertà, eguaglianza e fraternità, concetti che anche Leopardi mostrava di ammirare nel citare la Francia illuminista e liberale già esempio di modernità. Da qui la certezza che la democrazia della maggioranza, quando sia plagiata da quelle ciniche conversazioni è una falsa democrazia e che molto più spesso sono da apprezzare alcune minoranze illuminate che possono emancipare le maggioranze obnubilate dai sempreverdi oppi dei popoli che Leopardi riconosceva nelle chiese, le feste, i passeggi, le gastronomie, gli spettacoli.
E allora non diventiamo spocchiosi e supponenti se alcune di questeminoranze muovono dal basso folle di genti che rivorrebbero partecipazione, libertà collettiva di parola, di scelta, di azione, di vita contro chi vorrebbe nuovi domini, sfruttamenti, recinti, padroni e padroncini. Non andiamo a cercare retroscena improbabili e dietrologie ad usum delphini.
Per superare il vero dramma e la farsa che oggi ha condotto quella classe ristretta e cinicamente ipocrita “delle feste, degli spettacoli, delle chiese e dei comizi urlati” nonché delle risse televisive e dei socialnetworks, a crescere fino a diventare la metà degli italiani, ci sono solo partecipazione e resistenza diffuse, educazione collettiva e ad ampio spettro, dialoghi vis à vis e porta a porta. La storia del declino democratico è stata in crescendo fin dal nostro vergognoso ventennio di inizio secolo, attraverso cinquant’anni di emblematica classe di governanti dedita a quelle perniciose conversazioni ed un ultimo lustro in cui si è assistito al sublimato di questa società stretta che ha occupato i salotti reali e virtuali, le aule, i parlamenti come se i lumi positivi della morale si fossero definitivamente spenti nel giubileo del danaro, delle feste, delle chiese, dei furbi, dei corrotti e delle vannemarchi sparpagliate in ogni dove. Ne è scaturito un vezzo diffuso dell’effimero in tutte le manifestazioni della vita privata e anche pubblica. Si è consolidato un adattamento di tutta la penisola alle superficiali poche antiche cattive pubbliche abitudini ed agli ozi privati consentendo una seconda definitiva conquista da parte dei poteri forti e del malaffare. Queste sono le nuove “chiese, feste e comizi” che rappresentano il sublimato della violenza del conversare e l’intolleranza palese o sottintesa verso gli altri che si moltiplica sulla carta stampata, in televisione, nei bar, nelle liti condominiali, nei social, nelle tribune politiche, come se fossero aspetti naturali della vita.
C’è anche chi si meraviglia che queste manifestazioni di stupidità e di egoismo siano apprezzate dai più. Si dice che tutto sommato danno la parola alla povera gente comune. Ma non si dice che permettono di esprimersi e di sfogarsi contro altra povera gente comune, magari straniera o diversa che se non potesse in futuro accadere a tutti noi. Non si rendono conto gli amanti di tali spettacoli che si sta plasmando un pubblico inetto e incosciente, tutto preso dalla virtualità e dall’invenzione per non accorgersi di essere sfruttato ancor di più e più incisivamente di quando venivano definitela classe contadina e quella operaia, quelle che Leopardi descriveva come non dedite alle conversazioni e ai pubblici deliri perché troppo occupate a sopravvivere.
Molto è oggi manifestazione di apparenza senza contenuti, esibizione senza costrutto, sproloquio di convegni e media che finiscono per convincere la gente che quella sia la vita mentre in realtà è solo virtualità che offusca la realtà e impedisce di percepirne le miserie e i pericoli ma neppure le possibilità e le speranze. La quotidianità è ricolma di slogans, eventi, campagne tutte tese all’esibizione fine a se stessa, lontanissime da ricadute positive nelle trasformazioni della realtà e nel miglioramento della vita civile e nei comportamenti privati che su questa incidono. Gli italiani, anche quelli una volta preoccupati dei loro bisogni quotidiani sono stati ammaliati da pochi imbonitori furbi e immorali, istigatori di separazioni e discriminazioni.Ora, se c’è un risveglio da tanto torpore e c’è chi ricomincia apartecipare e resistere contro chi pensa prima a sè al suo gruppo e ai suoi affari piuttosto che al mondo, alla natura e alle genti in sofferenza per l’egoismo di tanti, credo sia una specie di miracolo proprio comequello che accadrebbe diffondendo e profondendo controeducazione nelle cittâ e nei territori, nelle piazze e nelle strade, nelle scuole e in tutti quei luoghi-monumento dei poteri economici e politici da abolire o trasformare prima che sia troppo tardi.
Non importa che si chiamino sardine, sindacati, venerdì per il futuro. Viva l’eco di Bella ciao. Vivano le sue note a memoria della liberazione dall’oppressione e dalla dittatura, a memoria della speranza di un lavoro libero dalla schiavitù vecchia e nuova dei padroni vecchi e nuovi, della coscienza civile, della solidarietà e dell’empatia, della educazione che affranca l’uomo e non lo stringe in nuovi lacci.
Viva quanto altro possa far rinascere erinvigorire ciò che è già scritto nelle dichiarazioni dei diritti dell’umanità e della natura e nelle costituzioni che proclamano equità, giustizia e libertà. Viva ciò che induce azioni e comportamenti virtuosi e resistenti in ogni luogo, magari fuori dai parlamenti e dalle assemblee costituite nel vecchio recinto.
Qui per voi la traduzione di un articolo significativo e graffiante, molto graffiante, di Antonio Fischetti autore di Charlie Hebdo, di origini italiane (Rital nella vulgata francofona) proprio come il fondatore del giornale Cavanna. Non posso non dargli ragione per molte cose evidenziando anche il fatto, come dice anche Jean Paul Fitoussi che l’Italia e la Francia fingono di fare politiche opposte e di contrastarsi mentre invece, in realtà, è la stessa politica che perseguono, più o meno in ogni campo. Ma i paesi del sud Europa dove cominciano? Con la geografia o con la cultura? Uno stesso parallelo tocca Spagna, Francia del Sud e Italia del Centro nord fino ai Balcani. Perchè la Francia si chiama fuori e immagina che la cancrena razzista nasca solo dall’Italia?
Di Antonio Fischetti
“Il giornalista Roberto Saviano autore del best-seller Gomorra ha dichiarato in una intervista a Le Monde: “Osservate l’Italia, probabilmente state guardando il vostro futuro“. Come ha potuto questo popolo di migranti arrivare ad eleggere un governo populista e di estrema destra? Per comprendere tutto ciò, io, figlio di immigrati “ritals” sono tornato a trovare i miei cugini rimasti in Italia.”
Non ci vado spesso ma comunque è da lì che io vengo. Da qualche parte in Italia c’è un paese che concentra tutti i miei geni da un tempo illimitato ( che hanno delle buone probabilità di risalire a Giulio Cesare!): Banzano, in provincia di Avellino, a una cinquantina di chilometri da Napoli. Una piccola montagna alcune ville opulente, pochi disoccupati, quasi zero migranti (i più vicini sono a Napoli ma la maggior parte di essi ci passa solo). Ora, come in tutto il sud d’Italia, il Movimento 5 Stelle è fortissimo : il suo leader Luigi Di Maio è originario proprio del posto e deputato della regione.
I miei genitori sono venuti in Francia dopo la seconda guerra mondiale per cercare lavoro. Mio padre era muratore coma la gran parte degli immigrati italiani. Negli anni 60 e 70 non era raro sentir insultare i “macaroni” venuti a “sottrarre il pane ai francesi” (e secondariamente ad rubare le loro donne). Ho degli zii e delle zie emigrati in Germania, in Svizzera, in Argentina. D’altronde gli italiani hanno invaso una buona parte dl pianeta (negli USA uno dei più celebri rappresentanti di questa immigrazione era un certo Charles Fischetti guardia del corpo e cugino di Al Capone). Sappiate anche che il giornale che leggete ora è stato fondato da un figlio di “Rital”: Cavanna. Ma torniamo alla mia famiglia. Una decina di zii e di zie con due o tre figli per coppia fanno un buon centinaio di cugini e nipoti. Le loro attività ruotano su tre settori: edilizia, mozzarelle e concerie.
ReseArt Arte, cultura, educazione, politica, sociale e varia umanità
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