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Maltempo, alluvioni, responsabilità.

Ho scritto dei fatti drammatici provocati dagli eventi meteorologici nelle Marche e altrove in Italia più e più volte e ora mi ritrovo a riproporre pari pari quello che scrissi giusto un anno fa. Di chi sarà la colpa? Forse di tutti: governi, amministrazioni locali, protezione civile, ma da ultimo e non per ultimi anche i cittadini e le imprese che spesso desiderano la botte piena e la moglie ubriaca. Se non ho curato il mio campo, il mio fosso, la mia scarpata non posso prendermela con il comune o con il meteo. Se ho voluto spendere i miei risparmi per i miei diletti invece di provvedere a regolare le acque nel mio giardino e a rispettare le norme sismiche e idrogeologiche della mia casa, non posso andare in piazza a protestare contro il sindaco e dare la colpa ad altri.

Se in Italia, come altrove, si costruisce per speculazione quasi il triplo del fabbisogno abitativo (peraltro drammaticamente non soddisfatto) ovunque e senza regole di prevenzione e protezione chi è responsabile? Se si è buttato  a  mare il trasporto pubblico per vendere auto, trasportare beni su ruote e costruire autostrade su autostrade, ponti su ponti, chi è responsabile? Se per produrre e consumare scelleratamente si è fatto degenerare il clima, si sono alterati e ingigantiti i fenomeni estremi, di chi è la colpa?

 Nessuna previsione ormai, in questo clima alterato e reso estremo,  potrà mai dire con certezza assoluta cosa accadrà dopodomani. La scienza fatica a prevedere certi fenomeni anche entro poche ore! Educazione e  coscienza della prevenzione ci aiuterebbero molto. Ma è proprio in questo campo che le risorse sono state tagliate ampiamente. I cittadini debbono conoscere qual’è la loro parte nella salvaguardia del territorio e debbono sapere come comportarsi prima, durante e dopo gli eventi calamitosi. I cittadini debbono essere messi in grado di valutare bene i rischi che corrono,  ad esempio, quando colpevolmente estorcono permessi (attraverso i TAR, i contenziosi con i Comuni etc..) di costruire e produrre in aree da sempre a rischio. I cittadini debbono contribuire attivamente alla prevenzione ed alla tutela dei beni comuni a partire dal proprio ambiente domestico e dal proprio intorno territoriale cercando di capire che le seconde, terze e quarte case per speculare e investire oltre ad essere una enorme ingiustizia sociale sono una parte prevalente dello scellerato consumo del suolo e della cementificazione cui anche strade e autostrade danno un pesante contributo.

Gli eventi meteo straordinari sono ormai una realtà ma sono una realtà anche l’abbandono delle campagne agli agriturismo e ai pannelli solari, la speculazione edilizia, la speculazione finanziaria e l’ottusità imprenditoriale e politica che hanno creduto che l’Italia fosse un paese per l’industria pesante, per l’ipercommercio e per un turismo invadente,  estremamente massificato e solo godereccio. E’ colpevole però anche l’atteggiamento dei cittadini che protestano per le antenne e non rinunciano a tv e cellulari, che urlano contro la TAV ma si lamentano dei ritardi dei treni, che stigmatizzano l’inquinamento ma non fanno due passi senza auto, allestiscono impunemente tavernette abusive al di sotto del livello stradale, imperversano negli airBnB, nei resort, nelle invadenti ed invasive strutture delle coste, delle montagne, dei centri storici.  Chi è senza peccato scagli la prima pietra e duole constatare come tra le foto di cronaca si notino sindaci e assessori con la pala in mano ad uso e consumo della propaganda non ricordando che il proprio dovere va fatto sempre senza clamore magari dandosi da fare per contrastare i fenomeni della speculazione, del turismo selvaggio, del degrado dei trasporti pubblici, della mala o nulla educazione dei cittadini in fatto di prevenzione e protezione.

 24 Maggio 2015-18 Maggio 2023

Giuseppe Campagnoli

Scienza e coscienza

«La scienza è talvolta usata contro se stessa»

Basandosi sul concetto di «ignoranza prodotta», Mathias Girel, filosofo, decodifica i meccanismi che hanno permesso a industriali o lobbisti di manipolare la verità scientifica per decenni.

INTERVISTA RACCOLTA DA O.MO. per LIBERATION 16 Febbraio 2021

Perché ci si dovrebbe interessare all’ignoranza? Mathias Girel, filosofo delle scienze alla Scuola normale superiore, si è specializzato nello studio di ciò che non si sa: perché non lo si sa e quali sono le conseguenze di questa mancanza di sapere. Ha svolto il ruolo di consulente scientifico per il documentario La Fabrique del‘ignorance d’Arte (leggi a fianco) diffuso in anteprima su Libération.fr.

CHE COSA RENDE QUESTA NOZIONE DI IGNORANZA IMPORTANTE NEGLI ATTUALI DIBATTITI?

È una questione importante, perché la nostra società ha bisogno di conoscenze affidabili per prendere decisioni, a livello individuale o collettivo. Quando questo corpus di conoscenze viene attaccato, subiamo collettivamente una forma di pregiudizio.

IL TERMINE «FAKE NEWS» SI È IMPOSTO, MA SI PARLA DI «IGNORANZA PRODOTTA». CHE COSA SI  INTENDE CON QUESTO TERMINE?

Ci sono diversi tipi di ignoranza. La prima definizione è, beninteso, ciò che non si sa, che altri lo sappiano o meno. Ma ciò che ci interessa qui è l’ignoranza non più come uno stato, ma come un effetto, e quindi l’ignoranza prodotta, intenzionalmente o meno.

CHE DIFFERENZA C’È TRA FAKE NEWS E INFOX?

Spesso la scienza è talvolta utilizzata contro se stessa per mantenere l’ignoranza o la confusione. Queste strategie, al contrario del complotto, non rimettono in discussione il valore del vero e della conoscenza. Cercano di indebolire la verità per renderla inutilizzabile nello spazio pubblico. Il complotto e l’informazione vanno oltre. È l’orizzonte del vero che scompare. Non è più prioritario sapere se ciò che si dice è coerente con gli altri fatti noti o riflette una qualche realtà. Questo fatto è stato molto ben incarnato da Donald Trump, che non era affatto disturbato dal fatto di contraddire se stesso da un’ora all’altra.

L’elemento comune è la scomparsa dello spazio pubblico. Ogni comunità inizia ad avere i propri fatti, e lo spazio di scambi e di discussioni si riduce. Nessuno ha il monopolio di questo atteggiamento: i più ardenti difensori dell’idea che una dichiarazione scientifica è sempre carica, politicamente e ideologicamente, non vengono necessariamente dalla sinistra, come spesso si crede, ma militano ugualmente nelle fondazioni ultraconservatrici. Sono i climatoscettici o gli evangelici che hanno scelto, nel dibattito pubblico, di fare di alcuni argomenti scientifici altrettanti elementi di una guerra delle culture, negli anni 1990-2000.

I CONSUMATORI O I CITTADINI SONO VERAMENTE GLI OBIETTIVI PRIORITARI DEI PRODUTTORI DI IGNORANZA?

I politici sono i bersagli privilegiati. Quando i produttori di sigarette fanno ricerche su altre cause di cancro ai polmoni oltre il fumo di sigaretta, l’obiettivo è quello di indurre nei responsabili delle decisioni l’impressione di un assunto scientifico controverso in materia, al fine di far loro rinviare o addirittura abbandonare l’idea di legiferare. Allo stesso modo, in tribunale, l’obiettivo è quello di generare un ragionevole dubbio nella mente del giudice o dei giurati,  dicendo che talune  imprese non sono contro la scienza, in quanto finanziano la ricerca. Esiste un’altra forma più sottile di ignoranza prodotta: si tratta di cercare di non produrre una conoscenza che potrebbe diventare «scomoda». Si parla allora di ignoranza «strategica» e di scienza incompleta.

I DIBATTITI SULLA SCIENZA VERTONO MOLTO RAPIDAMENTE SUI CONCETTI DI «BUONA SCIENZA» E «CATTIVA SCIENZA». COSA C’È DIETRO QUESTI TERMINI?

Ho lavorato sul significato termini opposti di junk science («cattiva scienza») e sound science («buona scienza», «scienza solida»). Per me, sono strumenti retorici più che descrittivi. Se denigrate un intero campo scientifico, non avete più bisogno di discutere argomento per argomento. Non c’è bisogno di una dimostrazione su cosa è sbagliato e perché. Basta dire che è il prodotto di una scienza politicizzata e isterica.

MOLTI SCIENZIATI FANNO COMUNELLA CON GLI INDUSTRIALI PERCHÉ CONDIVIDONO DETERMINATI VALORI SULLA SCIENZA, IL PROGRESSO…

Il fatto di sottoscrivere insieme un certo numero di valori non significa che si sia d’accordo con tutto ciò che si fa in nome di questi valori. Ricordiamo come l’appello di Heidelberg nel 1992 [a margine del vertice della Terra a Rio, 4.000 scienziati e accademici invitano a prendere decisioni politiche basate «su criteri scientifici e non su preconcetti irrazionali», ndr] illustra bene questa tensione. Come scienziato, si può essere d’accordo con quasi ogni riga del testo. Ma il contesto è importante. Oggi si sa che i promotori di questo appello, vicini alla lobby dell’amianto, avevano l’obiettivo di arrestare la crescita delle scienze ambientali. Credo inoltre che occorra distinguere ciò che rientra nella scienza e nella sua applicazione. Per esempio, la strategia contro il Covid prevede di isolare i pazienti con virus e i loro casi di contatto per evitare la trasmissione. Molto bene. Ma ci sono diversi modi per farlo, alcuni dei quali possono coinvolgere maggiormente le  i cittadini,le asssociazioni etc. Tale obiettivo corrisponde a numerose politiche possibili, che meritano di essere discusse democraticamente.

SI PARLA MOLTO DEL DECLINO DELLA SCIENZA. DOBBIAMO INVESTIRE DI PIÙ?

Ovviamente abbiamo bisogno della scienza. Questa pandemia lo sta ricordando fortemente.In un anno siamo riusciti ad acquisire conoscenze considerevoli su questo virus. Siamo riusciti a sviluppare non uno, ma diversi principi vaccinali efficaci. Bisogna dirlo, è una difficile impresa scientifica e industriale. 

Trovo preoccupante, per le società che si definiscono «società della conoscenza», il bassissimo investimento pubblico e privato nella ricerca in rapporto al PIL. A volte è necessario molto tempo per affrontare e risolvere alcune questioni. A tal fine, numerosi laboratori pubblici insistono sulla necessità di finanziamenti ricorrenti e di personale stabile allo scopo di  costruire un tipo di ricerca integrata e permanente oltre che efficace.

L’epidemia della Sharia.Istruzione e cultura uniche armi.

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Education, job, freedom and peace against violence of sharia, religions and global markets.

Non sto qui a spiegare che cosa sia la Sharia. Bastano Wikipedia e tutte le conferenze e gli scritti che ne trattano in giro per il mondo. Invece vorrei associarmi ad una idea che, se perseguita e sviluppata, potrebbe disinfestare il mondo dal terrorismo e dalle farneticazioni di tipo islamico. Le armi vincenti saranno l’istruzione, la cultura e il lavoro.

Massicce infusioni di conoscenza ed istruzione faciliteranno la strada verso il lavoro, la salute e la pacifica convivenza attraverso la liberazione totale dalle nefaste credenze e superstizioni ancora legate all’ignoranza delle tribù di pastori del deserto di tanti secoli fa o delle congreghe chiesastiche dell’occidente.

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