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L’Italia del cambiamento. Silvio torna a farci ridere! Il padrino è morto aprendo la strada al post fascismo.

Last minute.

Oggi

Il padrino Silvio Berlusconi è morto.

Gérard Biard. Pubblicato il 12 giugno 2023.

Silvio Berlusconi, l’ex capo del governo italiano e miliardario sulfureo, è morto il 12 giugno all’età di 86 anni. Un breve testo per omaggiarlo… a modo nostro.

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È appena morto l’uomo più famoso d’Italia. No, non il Papa, l’altro: Silvio Berlusconi. Resta la domanda scottante: dove sceglierà – sì,potrà scegliere – il Cavaliere per trascorrere la sua eternità? Se sarà il paradiso, finalmente sapremo il sesso degli angeli, perché Berlusconi si è applicato tutta la vita per essere l’incarnazione del maschio latino in tutto il suo splendore e tutta la sua arroganza. Se invece sarà l’inferno, è meglio che Satana si aggrappi al suo trono e controlli le sue truppe, perché sta arrivando un serio concorrente e potrebbe esserci un colpo di stato nell’aria sulfurea.

Per sfuggire al giudizio, anche all’ultimo, Berlusconi è capace di tutto. Lo ha ampiamente dimostrato nel corso della sua interminabile carriera politica, iniziata nel 1994, all’indomani dell’Operazione Mani Pulite. Ironia della sorte, questa “spazzata giudiziaria” mirava a recidere il cordone ombelicale che legava alcuni partiti politici italiani – la Democrazia Cristiana, ovviamente, ma anche il Partito Socialista – alla mafia siciliana. Senza fortuna, ha spianato inconsapevolmente la strada al più mafioso, al più corrotto, al più abile e al più disinibito di tutti. Imprenditore a tutto campo – immobiliare, cinema, televisione, editoria, finanza, pubblicità, telefonia, calcio… – Berlusconi è diventato in un batter d’occhio uno dei pilastri fondamentali della politica italiana degli ultimi trent’anni. Tutto questo nonostante più di 30 cause legali per evasione fiscale, corruzione, falsi bilanci, finanziamento illecito di partiti politici, appropriazione indebita di fondi pubblici, associazione mafiosa, prostituzione minorile…

Se il suo ultimo mandato da Presidente del Consiglio (2008-2011) non è stato altro che un lungo vaudeville di merda, punteggiato essenzialmente da affari non sempre importanti e feste da “bunga bunga”, il suo ingresso in politica è stato di tutt’altro profilo, con conseguenze che sono andate ben oltre i confini dell’Italia. È stato il primo miliardario ad entrare in politica, scolpendo nella pietra l’idea che lo Stato è un business come un altro e che il cinismo può servire da moralità, aprendo la strada a una sottile schiera di avatar, tra cui Trump è senza dubbio il più vincente. Fu il primo, indagato a tutto campo  dalla giustizia, a parlare di “giudici rossi” e a teorizzare il “complotto” dei magistrati. Soprattutto è stato il primo a “sdemonizzare” l’estrema destra, governando, fin dal suo primo mandato, con i postfascisti di Alleanza Nazionale e con i regionalisti xenofobi e antieuropeisti della Lega Nord.

A Charlie si è scritto molto su Silvio Berlusconi. Anche senza seguire da vicino la scena politica italiana, per molti anni è stato molto arduo da trattare ,soprattutto per un giornale satirico a cui piace ridere di cose non necessariamente divertenti. Ci mancherà? NO. E tanto meno oggi che abbiamo molto a che fare con la sua eredità. Parce sepulti sed…mancherà molto alla satira internazionale. Ricordo un articolo divertente di qualche anno fa su Charlie Hebdo. Speriamo che manchino i suoi danari alla destra.

Nel 2018

Tra cugini non ci si ama molto ma ci si conosce a fondo e  ci si dice la verità. Così Charlie Hebdo ci vede oggi. Fa le pulci ferocemente tutti i giorni a Macron, al suo governo e ai suoi ministri e ora tocca a noi vicini di casa.Non ci offendiamo. Non è null’altro che la verità vista da  un parente disinteressato abbastanza lontano da capirci e da non essere coinvolto emotivamente (come i nostri fratelli spagnoli o greci, per esempio)

Di Gerard Biard. Traduzione di Giuseppe Campagnoli.

“Non ci giriamo troppo intorno. Chi potrebbe credere che il governo appena insediato in Italia possa essere una cosa seria con il suo presidente del Consiglio prestanome, i suoi due vice capibanda Salvini e Di Maio e il suo patchwork di provinciali violenti di estrema destra, di anti parlamentari 2.0 e di grigi tecnocrati? Non ci nascondiamo dietro un dito. Solo un uomo potrà salvare l’Italia è restituirle il suo spirito naturale: Silvio Berlusconi. Ora, riabilitato, è pienamente disponibile. In questi tristi tempi non sputiamo su una buona occasione per divertirci. Ecco i diversi motivi:

  • È una garanzia di stabilità perchè ormai dal 1991 è stato tre volte presidente del Consiglio e non ha mai lasciato la scena.
  • Assicurerà una credibilità internazionale grazie alla sua solida amicizia con Putin. Anche lui gli offerto un letto a baldacchino!  Con Trump sarà culo e camicia nel condividere contatti di escort e serate bunga-bunga.
  • L’unione europea sarà rassicurata perchè saranno meglio le sue barzellette sporche nei summit e le corna nelle foto ufficiali che una minaccia permanente di Italexit!
  • Non è per nulla cambiato: in una recente riunione locale del suo partito ha dato il meglio di sè: quando una ragazza gli ha donato una crosta di un artista locale ha esclamato: ” se potessi scegliere prenderei te” e al dirigente regionale del partito che gridava  : ” ma è mia figlia!” ha risposto con : ” tu hai proprio buon gusto”
  • Infine, cosa più importante, è che gli elettori della Lega e del M5S non si crederanno traditi. Infatti i punti più importanti dell’accordo di governo sono esattamente nella linea di destra di quello che ha fatto o sognato il Cavaliere negli ultimi anni. La flat tax? Lui l’ha proposta fin dal 1994 ma non è mai riuscito a farla approvare. I migranti fuori? Aveva personalmente trattato con Gheddafi per trasformare la Libia in una specie di secondo confine per fermare le flotte di migranti: esattamente ciò che fa l’UE oggi con Erdogan. Tutto questo è la prova del suo talento visionario.Il suo sistema di contenimento dei migranti fu ripreso dal centro sinistra ed è tuttora sostanzialmente in vigore. 

Anche per il sud   ha fatto moltissimo anche con i suoi dinamici rappresentanti (Cosa Nostra, Camorra, Ndrangheta…). Si è impegnato a lungo per una giustizia più semplice ed efficace. Durante i suoi interminabili  mandati non si è mai così tanto adoperato per riformare la giustizia! Il riavvicinamento alla Russia? I suoi legami con Putin sono noti.

Vista dall’esterno come dall’interno la politica  italiana appare come una lunga serie di barzellette. Non si immaginava che si sarebbe prolungata per tanto tempo fino a incarnarsi, un po’ cambiata ma certamente esasperata e manifesta , nel fumoso governo tricefalo del “cambiamento”. Ridiamo allora perché è tutto quello che resta da fare…”

E io aggiungo: finché non ci resterà null’altro che piangere.

Nel 2022 non ci restò null’altro che ribellarci. Ma forse non tutti i mali ( in generale) vengono per nuocere. E se ora la destra rimanesse senza sghei?

Giuseppe Campagnoli

8 Giugno 2018-12 Giugno 2023

Giorgia on your minds?

Il fascismo all’italiana?

Articolo di Jean-Yves Camus su Charlie Hebdo di oggi.

(Traduzione di Giuseppe Campagnoli)

Chi sottovaluta chi?

GIORGIA MELONI- Il Fascismo italiano

 Giorgia Meloni, leader del partito politico italiano Fratelli d’Italia, suscita molto la curiosità e preoccupazione tra i commentatori politici francesi (NDT: una demonizzazione?) Tutto per una buona ragione: alcuni la vedono già, dopo le elezioni legislative del 25 settembre, diventare presidente del Consiglio, mentre è a capo di una formazione che molti vedono come fascista.  O neofascista, che è lo stesso.  Un nuovo partito di estrema destra, e forse due, se i Democratici svedesi raggiungono un accordo di coalizione dopo il voto dell’11 settembre, solleverebbero lo spettro della ‘marea oscura che sta investendo l’Europa‘”.  Prima che comincino a moltiplicarsi le manifestazioni di protesta e si consolidino classificazioni troppo rigide, diamo un’occhiata più da vicino.  Parliamo di genealogia.  Fratelli d’Italia è una discendente di Alleanza Nazionale che discendeva a sua volta da un partito veramente neofascista, il Movimento Sociale Italiano (MSI).  Nel 1995, sotto l’impulso del suo allora leader, Gianfranco Fini, il MSI pare voltare le spalle al fascismo con esplicite dichiarazioni.  A quella data molti dei suoi dirigenti appartenevano già al primo governo di Silvio Berlusconi (maggio 1994).  Già allora tutta l’Europa gridava al fuoco, senza capire alcune specificità italiane. La prima è dovuta al sistema politico parlamentare, con rappresentanza proporzionale quasi integrale.  Da qui la necessità di formare ampie coalizioni per ottenere la maggioranza.  Berlusconi e Fini firmano un accordo che include anche la Lega Nord.  Presidente della Camera dei Deputati, Ministro degli Affari Esteri, Fini è sempre stato un conservatore atlantista e europeista che guarda al modello gollista.  L’estremismo in materia di immigrazione non era lui e il suo partito, ma la Lega, ora guidata da Matteo Salvini.

Meloni si è formata al MSI e ad AlleanzaNazionale.  Ha avuto un ruolo nei loro movimenti giovanili e non ha mai messo sotto processo il fascismo, né espulso da Fratelli d’Italia coloro, moltissimi nella base, che ancora ammirano Mussolini.  Ma in Italia nulla è semplice: Meloni dice che dal 1995 si è voltata pagina.  E questo non rappresenta certo un problema in un paese dove il MSI è stato formato nel 1946, dove la dovuta epurazione è rimasta limitatissima, (NDT: e fu emesso da Togliatti una specie di pericoloso perdono generale, l’amnistia per certi reati legati al regime autoritario precedente) dove l’ambiente intellettuale neofascista aveva da tempo aperto un dialogo con l’intellighenzia di sinistra e dove il leader del MSI, Giorgio Almirante, già funzionario importante di un ministro di Mussolini, venne nel 1984 alla sede del Partito Comunista Italiano per inchinarsi davanti al feretro del suo nemico Enrico Berlinguer.

  Presto un nuovo partito di estrema destra in affari istituzionali?

 Meloni è stato ministro della Gioventù dal 2008 al 2011, in un governo Berlusconi, quest’ultimo, inossidabile terzo furfante della coalizione di destra con Salvini e lei.  Non era un ministro dichiaratamente fascista: ma è sempre stata una conservatrice in materia sociale, economica, anti-LGBT, anti-aborto, fautrice della famiglia tradizionale, con un forte impatto in un Paese dove la cultura cattolica, anche secolarizzata, rimane fortissima.  Paradossale, per inciso, che Giorgia Meloni, viva una relazione con un giornalista del gruppo Berlusconi senza essere sposata e avendo avuto una figlia da questa unione.  Dovrà quindi essere giudicata solo in base alla sua azione governativa se sarà eletta?   Di sicuro però è che non ce la farà da sola perché la scelta del futuro Presidente del Consiglio spetta in definitiva al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che può decidere di chiamarla al governo senza che lei ne diventi il capo. (NDT: magari! Ma forse il coraggio uno non se lo può dare?)”

 DIALOGO APERTO DEI FASCISTI:

“Prenderai la parola solo quando te la darò!”

ANCORA Telescuola O POLLAI E RECLUSORI ?

Non immaginavo di dover riproporre questo scritto dopo oltre un anno! Un articolo e alcuni disegni e foto dei nostri cugini di Charlie Hebdo e Libèration mi avevano colpito, per le loro affinità e per la coincidenza con alcune mie idee non proprio popolari tra i pedagoghi conformi e di moda , tanto da indurmi a proporli in una parafrasi sintetica accompagnata da eloquenti immagini. Ora mi tocca rilanciare il tutto. Di chi sarà la colpa?

Benvenuti all’ Italian Academy

dal Testo originale di Jacques Littauer in versione « italica »

“Liceali che fanno girare degli screenshots dei loro professori presi durante i corsi a distanza; famiglie di cinque persone che si scannano per usare l’unico pc della casa; un insegnante che si stupisce dell’improvvisa partecipazione di una dei suoi allievi non capendo che sua madre le sta suggerendo le risposte…L’esperienza di “continuità pedagogica” imposta a tutti dalla ministra vira verso l’incubo.

Se molti politici credono che i professori non lavorino se non in classe, gli insegnanti delle elementari, delle medie e delle superiori vedono oggi l’impegno moltiplicato almeno per due. Non bisogna soltanto creare nuovi supporti elettronici per le lezioni ( testi, grafici, video..) ma bisogna anche relazionarsi individualmente con ogni allievo. Per non bruciarsi gli occhi davanti allo schermo tutto il santo giorno alcuni insegnanti stampano i compiti, li correggono, li scandiscono e li spediscono uno ad uno alle loro pecorelle. Quanto sa di veloce e trascendentale tutto questo!

olive-learning

Lo sapevamo. A partire dal 2010 c’è stata la follia dei MOOC (Massive Open Online Courses)!aperti a tutti. Ce n’era per tutti i gusti: da Harvard, Stanford, MIT, Moma e tante scuole e università pubbliche e private: d’un tratto sono diventati accessibili gratis a chiunque sapesse leggere, che avesse una presa di corrente e un computer. Tutti coloro che hanno sbattuto il muso sulle diete o sui corsi di pianoforte a distanza lo sanno bene: nessuno ci riesce bene da solo, senza alcun aiuto di altri allievi, senza scambi con il professore, senza vincoli di orario e senza alcuna efficace verifica o autovalutazione delle cose apprese. (ndr: ricordo con un moto di riso un corso del Moma sulla fotografia dove con accorgimenti vari potevi, step dopo step, arrivare al « diploma » senza aver appreso nulla. Costo 100 Dollari per diventare un non fotografo.) È così che il 90% degli allievi iscritti ai corsi on line abbandona strada facendo e che gli unici sopravvissuti sono quelli con più titoli di studio: siamo molto lontani dalla democrazia digitale. Senza contare che i vari MOOC, già in via di estinzione prima del COVID, costano milioni a scuole e università. Il Coronavirus sancirà definitivamente il falllimento dell’insegnamento a distanza e della sua implicita diseguaglianza sociale.

Per non agire malamente, indistintamente e in modo classista, ammesso e non concesso che si dovesse fare, ci si sarebbe dovuti concentrare almeno sugli snodi cruciali dei percorsi scolastici (così come sono nell’obsoleto contesto della scuola istituzionale) ma soprattutto sugli studenti in difficoltà riservando loro le attenzioni e magari ci si sarebbe dovuti occupare anche di alcuni luoghi educativi nella città: ( non è forse indispensabile l’educazione come il cibo, l’agricoltura, la mobilità, l’informazione, il farmaco e la salute?) luoghi diffusi ad affollamento zero ( le stesse distanze a vista delle file ai supermercati, alle edicole, alle farmacie, agli opifici “essenziali”,ai sentieri dei cani e dei padroni) da usare fin da ora con le stesse dovute precauzioni di distanziamento che continuano ad avere tutti gli spazi urbani ritenuti necessari alla vita. Si potrebbe fare contenendo i rischi con le regole che non impediscono relazioni interumane frattali di metro in metro.

E’ invece successo il contrario: i figli dei poveri o gli allievi in difficoltà sono letteralmente scomparsi e alcuni professori sono arrivati al paradosso di dare loro degli “zeri” fittizi nella speranza di ricevere un segno di vita. Ma per il Ministero tutto sta andando bene tanto che avrebbe appena lanciato, tra le righe di alcune ineffabili circolari, decreti e messaggi quasi da libro cuore, una specie di operazione “vacanza educativa” per una prolungata sessione scolastica molto virtuale, poco virtuosa e decisamente burocratica prevista dalla primavera fino a tutta l’estate. »

La scuola da un muro all’altro

Perché invece di non considerare miracolosa la scuola a distanza dentro nuovi muri non si pensa invece ad un provvidenziale anno sabbatico globale per predisporre tutti insieme (famiglie, insegnanti, mentori, studenti, maestri e pontificatori psicopedagogici) il canovaccio di un bel progetto per ricominciare, quando sarà, ad educarsi in modo nuovo, diffusamente e liberamente ? Non sarebbe un anno perduto. Non più di questa scuola « irretita » e di pronto soccorso. Non perdiamo una occasione unica per non addestrarsi più a conoscenze competenze e capacità ad usum delphini di un istituto che si pone gli stessi problemi burocratici, docimologici e classificatori perfino a distanza. Approfittiamo infine per aprire le menti dei bambini, dei giovani e non solo alla scoperta del mondo ed a scelte consapevoli per la vita e per la natura. Superiamo alcuni pannicelli caldi condivisibili solo in un contesto educativo come quello vigente (quel recinto di cui spesso ho parlato che mira a migliorare le cose da dove sono ma non a oltrepassarle) e che glissano elegantemente su concetti come l’esperienza, la conoscenza del mondo, la libertà in educazione. Questa è una riflessione che tanti (come avete visto non solo in Italia)stanno facendo anche per contrastare l’iperattività culturale e mediatica non sempre disinteressata e di una specie di mercato nero delle idee più disparate dei tempi difficili. In Italia ho l’impressione, e non appaia come una banalità, che chi non abbia vissuto personalmente, anche per uno scarto anagrafico di qualche anno, le scuole prima delle riforme dei primi anni ‘60 abbia perduto tanti dati esistenziali utili per riflettere sulla scuola oggi e che non si possono recuperare dalle storie di altri o dalla storiografia scolastica e dalle teorie pedagogiche solo accademiche.

Questa mancanza di fondo la percepisco in molti addetti ai lavori e a volte perfino in alcuni amici « di scuola ». È come se mancasse l’aver vissuto una parte essenziale di un racconto. E allora spesso non ci si capisce e si danno per scontate cose che non lo sono poi tanto così come si credono innovative idee che non lo sono affatto. Tornano a giro le solite domande: DAD, chiudere, aprire, banchi, edifici scolastici, soldi, insegnanti, presidi. Ci sarà chi finalmente contribuirà ad aprire la strada nella scuola pubblica all‘educazione diffusa e alla città educante? Si potrà finalmente dire di essere usciti dalla misera Buona Scuola e dai suoi perfidi strascichi? Finirà la visione pedagogica reclusoria e classificatoria mai di fatto cambiata dall’800 ad oggi se non con tante gattopardesche fintevgiravolte riformiste? Nell’attesa, che si spera breve, avvantaggiatevi leggendo le istruzioni! La speranza è sempre l’ultima dea.E poi, semmai, faremo da soli. Come spesso è accaduto. Letto, tradotto, parafrasato, trasposto, dissentito e sottoscritto da Giuseppe Campagnoli.

Intanto, siccome spesso perseverare non è né diabolico né divino ma semplicemente naturale ed umano in chi ha il coraggio di voler veramente cambiare in modo radicale continua il nostro cammino verso l’educazione diffusa per trasformare la società in educante agendo sul corpo ormai ultra malato della scuola pubblica. Proponiamo iniziative di formazione diffuse per avviare sperimentazioni magari dal prossimo anno (“non è mai troppo tardi” direbbe qualcuno)a partire da scuole, comuni, associazioni coraggiose e lungimiranti.

8 Aprile 2020-5 Novembre 2020-4 Gennaio 2022

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