L’arte vera, la vera arte!!!!
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Mecenati pro domo sua?
Scrissi tempo fa una lettera a La Stampa di Torino criticando bonariamente il mecenatismo “peloso” dell’industriale ciarliero Diego Della Valle quando donò un nuovo edificio scolastico al suo paese d’origine. Il gesto era apprezzabile per la comunità, se si fa eccezione per qualche neo dovuto al fatto che l’edificio pare fosse stato progettato dalla consorte in un discutibile stile american neoclassic e che sia stato intitolato al fondatore della dinastia Della Valle. Tutti conoscono la successiva saga dell’intervento di sponsorizzazione del restauro del Colosseo. Oggi leggiamo di una analoga iniziativa del patron del cachemire italiano Brunello Cucinelli che nel “Progetto per la Bellezza” della sua Fondazione vuole contribuire a salvare il paesaggio e la natura. L’idea era quella di trasformare una pianura fatta di capannoni industriali negli anni ’70-’90, dismessi e abbandonati o ridestinati a depositi e magazzini, in un parco interurbano di giardini, orti e frutteti attrezzati da “oratori laici” e strutture di accoglienza e ricreazione sociale. Il progetto si dovrebbe concludere nel 2015 anche con il restauro di un borgo medievale (paese della moglie) la creazione di un teatro e di una scuola per arti e mestieri. Demolire il cemento invece di costruire e risanare qualificandole aree deindustrializzate da politiche e imprenditorialità incoscienti ed analfabete, non è un cattiva idea. Occorrerebbe spingere con “decisione” le imprese piccole e grandi ad investire il plusvalore non utilizzato in ricerca e innovazione in una specie di “tassa attiva” per incrementare la loro efficienza sociale distogliendo risorse al profitto per destinarle al territorio e al salvataggio e valorizzazione del paese in cui anche una industrializzazione senza regole e discrezione ha provocato danni su danni al patrimonio ambientale, culturale e artistico. Un risarcimento “in nuce” che sarebbe premiato con reali agevolazioni e investimenti pubblici (sulla linea di una interpolazione virtuosa delle teorie economiche della nostra ricercatrice e docente espatriata nei lidi britannici Mariana Mazzucato e del “neomarxista” Piketty)
Mi vengono in mente le nostre aree industriali della teoria di valli che si protendono dalle colline al mare come la Valle del Tronto, quella del Tenna, del Chienti e del Potenza, la Vallesina e la Valle del Misa, non ultima quella che vediamo dalle nostre finestre, la Valle del Foglia, cui ci riferiamo a mo’ di esemplificazione. (“Chi è causa del suo mal” La Stampa Maggio 2013) Non ho visto nessun programma veramente concreto e nemmeno futuribile in questa direzione dalle amministrazioni “progressiste” o sedicenti “dalla parte dei cittadini” della nostra provincia come delle altre. Sarebbe invece la prima cosa da fare per le aree degradate e sfruttate dallo slogan speculativo dei “pochi maledetti e subito” senza prospettive e reali programmi pluriennali di sviluppo e sostenibilità dei nostri ineffabili piccoli e grossi industrialotti di provincia. Sarebbe veramente un sogno che si creasse un’alleanza trasversale tra i sindaci delle valli per pianificare con ampio respiro il futuro dei nostri territori, puntando sul recupero, sulla salvaguardia e sulla trasformazione di tutte le aree nella direzione degli unici settori plausibili per un paese come l’Italia: l’agricoltura di prossimità e il turismo, la cultura e l’educazione, il tempo libero e la ricreazione, la vera arte e il vero artigianato. Credo ci potrà salvare solo una joint venture virtuosa tra un pubblico divenuto efficiente, efficace, economico ed onesto ed un privato divenuto più colto e lungimirante. Ci piacerebbe un privato più attento al sociale che al profitto e senz’altro anch’esso, vista la corruzione subliminale e palese che si fa in due e l’evasione (di sopravvivenza delle persone o dei beni?) diffusa che si fa da soli, decisamente più onesto. Noi avremmo nel cassetto un progetto di ampio respiro di “ridisegno urbano” per i nostri territori, sicuramente esportabile altrove e fondato sul verde, l’agroalimentare, il turismo e la mobilità compatibili, l’arte e la cultura. Chissà se qualche sindaco illuminato rifletterà ed agirà dopo aver letto questo nostro accorato appello ed invito?
Giuseppe Campagnoli
Chi è causa del suo mal…
Ripropongo, ad uso e consumo di quelle che si definiscono “nuove”, “trasparenti” ed “ecologiche” amministrazioni locali un vecchio/nuovo articolo apparso anche su La Stampa di Torino perchè poteva ben riguardare tanti esempi diffusi nel nostro italico territorio. Il pezzo, questa volta è corredato da una immagine che non ha bisogno di commenti ma che dovrebbe far riflettere su ciò che è urgente fare per eliminare tutte quelle anestetiche macchie grigie di un paesaggio che avrebbe ancora (non so per quanto tempo) delle forti connotazioni di bene ambientale e storico-artistico. Quelle macchie oscure sono state colpevolmente realizzate con la scusa di uno sviluppo che non era e non sarà certamente più compatibile con l’insieme dei beni naturali e storici. Lo è stato invece per chi ci si è arricchito nel tempo e continua forse a farlo anche oggi.
“Chi è causa del suo mal
Viviamo in un’area del centro nord una volta ricca di un importante distretto produttivo monotematico.
Quasi 15 anni fa fu commissionato dalle amministrazioni locali uno studio sullo sviluppo industriale della zona nel ventennio successivo. Gli esperti dissero che se non ci si fosse riconvertiti ad altre attività sarebbe stata la fine. Nessun imprenditore seguì il consiglio tecnico pensando solo al proprio immediato alto profitto e ora è successo quello che era stato previsto. Fin dagli anni 90 abbiamo assistito a imprese commerciali improvvisate che poi hanno dovuto chiudere nel giro di un anno e si era in tempi in cui il credito veniva erogato senza tanti complimenti. Solo uno sprovveduto avrebbe potuto pensare che la pacchia sarebbe durata più di 10 anni.
Anche oggi si vedono numerosi esercizi commerciali con gli stessi prodotti nel raggio di 100-200 metri! E’ la concorrenza? No. E’ la follia. Si è buttata a mare l’agricoltura disseminando le campagne di falsi agriturismi (in parte sovvenzionati a fondo perduto) turismo e cultura lasciati a una libera impresa spesso impreparata e votata ad alti profitti in tempi brevi. Le banche nel frattempo hanno fatto il loro dubbio lavoro dando soldi a chi non li meritava e dato il colpo di grazia ad un mercato già viziato dall’improvvisazione imprenditoriale e dalla mancata pianificazione produttiva… La tragedia è che ci stanno rimettendo le persone preparate, oneste e non venali che si trovano sia nel pubblico che nel privato tra quelli che lavorano il tempo necessario, raggiungono gli obbiettivi, guadagnano il giusto e pagano tutte le tasse spesso per avere i servizi inefficienti per colpa di chi non le paga.
Per risollevarsi occorre puntare prima sull’istruzione, sulla ricerca, sulla limitazione all’iniziativa privata imprenditoriale e commerciale quando provocano danni alla collettività.
Per risollevarsi occorre investire nei soli settori che in Italia possono rendere: agricoltura, cultura, turismo, artigianato, manifattura di qualità! Non sarebbe stato difficile! E non è ancora impossibile.”
Giuseppe Campagnoli