Parigi e l’Europa piangono. Ma non è l’occidente l’obbiettivo: sono la ragione, la natura e l’umanità.

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Religioni, politica, economia. L’arte di convivere o di fare la guerra?

Il Buongiorno recente di Massimo Gramellini  “L’arte di convivere” si fa drammaticamente attuale oggi ,dopo la tragedia di Parigi. Parigi e l’Europa piangono. I simboli della normalità come lo Stade de France, il Bataclan, un bar, la strada, colpiti da chi odia l’uomo e la natura, la pace e il dialogo tra persone che si rispettano e, a volte, si amano: famiglie, turisti, studenti, non soldati o reggimenti. La viltà e la miserabile violenza si sono scatenate non nella follia ma nella criminalità pura e nella malvagità senza fine. Ma non è l’occidente l’obbiettivo: sono la ragione, la natura e l’umanità. Ora occorre reagire, ognuno di noi, anche nel quotidiano, vigilare  aiutando chi ci deve proteggere per legge, per impedire, prima che sia troppo tardi,  che chi un momento prima era in mezzo a noi, innocuo e a volte anche disponibile e gentile, un secondo dopo si armi per uccidere i suoi simili in nome di ciò che per la ragione non esiste.

La reciprocità e la tolleranza.
La reciprocità e la tolleranza.

“Sappiamo bene quale importanza storica e culturale abbia avuto e quali gravissimi peccati abbia commesso la religione cristiana. Intellettuali e storici, compresi quelli cattolici lo hanno ammesso e hanno in qualche modo chiesto venia, spesso con fermezza e decisione. Fa lo stesso chi scrive e parla di islam? Delle tre affini religioni rivelate è originale constatare che due hanno avuto un messia riconosciuto: Gesù e poi Maometto che parlavano lingue un po’ diverse asserendo di esprimersi in nome del stesso Dio, l’altra sta ancora aspettandone uno. E il bambino cui si rivolge Tahar Ben Jelloum in “L’islam expliqué aux enfants (et à leurs parents)”,con la spontaneità, l’innocenza e la verità infantile esclama: “Come obbedire a qualcuno che non si vede?” Il Corano va letto, si scrive, sotto il segno della fede e dell’intelligenza. Una contraddizione? A me pare di si. Una minoranza pratica un islam rigorista, si dice. Non è una certezza. Il valore principale dell’islam predicato tra le tribù beduine sarebbe stato il rispetto dei diritti umani. E’ così che viene vissuto l’islam oggi dalla maggioranza dei fedeli? Si scrive che l’islam, come le altre religioni monoteiste, proibisse e proibisca il suicidio e l’omicidio. E le crociate allora? E le guerre fisiche di Maometto contro le tribù disobbedienti e miscredenti come le guerre di Mosè e David? I terroristi, i taliban e il Daech? I musulmani subirebbero gli effetti nefasti delle distorsione della parola del Corano: perché allora non parte una ribellione anche quotidiana, porta a porta, massiccia ed evidente? Si parla di insegnamento dell’islam nelle scuole. Come per le altre religioni si dovrebbe parlare invece di insegnamento del pensiero e delle credenze dell’uomo, tutte, come storia e non come dottrina. Si scrive di separazione tra le religioni e lo Stato: Iran, Arabia Saudita, Qatar, Kuwait, Daech, Nigeria, Somalia ed Etiopia? Ma anche, in modo subliminale, Italia, Polonia, Irlanda, Regno Unito, Russia, Stati Uniti…La religione, scrive ancora Tahar, è solo un fatto privato. D’accordo. Il libro si spiega partendo dal presupposto dogmatico che esista una divinità, che esistano gli angeli e che esistano il paradiso e l’inferno. In paradiso andranno gli uomini buoni e giusti mentre all’inferno andranno i non credenti (!) i criminali e i cattivi in generale. E il Corano, cita Tahar senza commento, dice al versetto 5 della IX sura: “Uccidete gli idolatri dovunque li troviate se non si pentono.” Stessa sorte per gli ipocriti e i traditori della fede. Il profeta aveva sposato una ricchissima vedova, sembra per convenienza. Dal danaro al potere sulle tribù esercitato con la religione?

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La ricetta per l’equità sociale e per le ingiustizie dovrebbe essere contenuta nei pilastri dell’islam:

La professione e testimonianza di fede senza se e senza ma.Cieca fiducia presente anche nelle altre religioni.
La preghiera: propria a tutte le religioni, monoteiste e non.
La purificazione. Igiene o rito prima di dialogare con la divinità?
Il digiuno. Una buona pratica salutistica come quella di evitare il maiale (e tutta la carne grassa direi io) e l’alcool
La carità. Come in altre religioni sembra volersi mettere ipocritamente l’anima in pace per essere parte dell’ingiustizia e della iniquità sociale. Non si dice inevece: adoperiamoci con tutte le nostre forze per abolire ricchezza e povertà.
Il pellegrinaggio alla Mecca e Medina. Turismo religioso? Come a Roma, Lourdes e Loreto?
Speculare con il denaro e guadagnare denaro con denaro e beni sarebbe proibito. Ma, come dice Tahar,è la regola meno seguita.

Solo a causa di fanatici ignoranti (molti dei quali con lauree europee) che non hanno capito l’essenza pacifica, socialmente equa e tollerante, culturalmente avanzata e storicamente eccellente dell’islam che i musulmani sono incompresi e perseguitati oggi. Ma chi li potrà fermare e convincere a desistere dai loro atti criminali ed efferati se non i loro fratelli in Allah? Quanti non credenti ci sono nei paesi musulmani costretti al silenzio e privati della libertà di esprimersi?

Se si osservano i dati della diffusione delle religioni nel mondo ci si accorge che la parte che dice di non credere nel soprannaturale e non professa alcuna religione è quasi pari al numero che professa l’islam e poco meno di chi si dice cristiano o dell’insieme delle altre religioni o filosofie di vita. Il problema è che chi non crede o è agnostico non fa proselitismo e non pubblicizza le sue idee per cercare di convertire il prossimo perché considera, illuministicamente, che le sue scelte spirituali siano private e intime. Ciò dovrebbe essere anche per le altre convinzioni o professioni di fede. Di fatto invece non è così, perché vi è una perniciosa commistione tra politica, economia, potere e religione, quando non prepotentemente una supremazia di quest’ultima che impone gli iniqui culti di stato (palesi o latenti, ufficiali o ufficiosi) in numerosissimi paesi della terra.

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Le religioni infatti mettono in campo morali diverse e spesso contraddittorie ma sempre innaturali. Se la natura non fa salti, la religione si cimenta in acrobazie mirabolanti e favolose. Essa cerca con vari mezzi di convincere l’uomo di non essere affatto autonomo ma di essere come “teleguidato” da un essere supremo che ha dettato, sempre per interposta persona, regole, il più delle volte assurde e violente. Di queste regole non è data l’origine né la intrinseca ragione e l’adepto non può non rispettarle se non vuole incorre in punizioni a breve o lungo termine, materiali o psicologiche che siano. Se il fedele seguirà le regole o si pentirà dei suoi errori, raggiungerà premi raramente terreni, il più delle volte ultraterreni e di cui nessuno è stato mai testimone. La morale è così fondata sul ricatto continuo e sull’altalena tra la paura dell’ignoto e la speranza di una vita al di là di quella che viviamo, in un concetto di fiducia che chiede di credere senza provare, oltre i sensi, anesteticamente. E’ una morale dettata ad uso e consumo di pochi eletti padroni a danno di popoli poveri e ignoranti. E’ una morale, infine, che ha molto contribuito al nostro moderno contesto universale in cui nascono i conflitti di cui siamo ancora attoniti testimoni, generati da questioni banalmente materiali e venali nascoste dalla religione, dall’ideologia o viceversa. L’anelito dei capi delle religioni monoteiste (e oggi anche politeiste) alla convivenza pacifica è spinto solo dalla paura di perdere il potere sulle genti che un conflitto più aspro o il predominio di un culto sugli altri, genererebbero inevitabilmente. L’apporto nella storia delle religioni a creare caste e classi sociali e mantenere, salvo la pratica dell’elemosina e della carità, le differenze abissali tra ricchi e poveri, come ineluttabile segno del destino se va bene e della volontà divina se va male, è stato determinante. “

E allora come imparare l’arte di convivere? Come evitare che dei fanatici ignoranti uccidano, compiano massacri e depredino urlando il nome di una divinità che il bambino di Tarek saggiamente diceva di non aver mai visto né sentito? Di una divinità che forse sospettiamo non sia Allah ma il danaro, il potere, il petrolio e la sottomissione di tutti gli altri come accadeva per il nazismo che esclamava analogamente “GOT MIT UNS”!!

Giuseppe Campagnoli

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