Il Volo. La canonizzazione mediatica.

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Oggi vorremmo parlare di musica e di canzonette. Sì, di questo si tratta, di canzonette, cantate bene, con gigioneria e professionalità giovanile, ma pur sempre canzonette. Sono giorni che tv e social occupano spazi ridondanti e a volte stucchevoli per difendere il famoso trio di ex enfants prodige, Il volo. Soprattutto la Rai che li ha in qualche modo aiutati ad inventarsi  ora fa una sorta di terapia di mantenimento del successo contro tutto e contro tutti anche contro le stupidaggini  del gossip, ammesso e non concesso  che non si tratti di una eccellente orchestrazione (!) pubblicitaria. Si sono mossi tutti: i paeselli d’origine, attori, direttori di giornali pettegoli, giornalisti e fans bambini, casalinghe e nonni (la platea maggioritaria di sostenitori del trio). La nostra non è una nota sociologica giacché è facile capire come certi successi nascono e si alimentano nel mercato (anche internazionale) grazie allo stato conclamato della cultura e degli alfabeti mondiali. Si è mosso arditamente anche l’ineffabile Mario Luzzatto Fegiz per fare dei cantantini del Volo addirittura gli eredi di Pavarotti! Siamo sulla scia perversa degli Allevi e dei Bocelli, surrogati della bella musica in un instabile cavallo tra il pop melenso e il classico “vogliomanonposso”. Se il mercato comanda dobbiamo inchinarci alla pecunia che qualcuno diceva “non olet“? Altri sono i vanti culturali del nostro paese e i numeri da capogiro non giustificano gli osanna e soprattutto non ne fanno degli artisti. Tutti sono dei bravi e talentuosi esecutori o compositori. L’arte come abbiamo più volte detto, è tutt’altra cosa! Che siano dei bravi ragazzi quelli del Volo sinceramente nulla ci cale. Ci cale invece-e qui l’invidia o il populismo tanto sbandierati per rintuzzare le migliaia di critiche e ahimè anche di insulti (che hanno avuto l’effetto contrario) nulla ci azzeccano- che chiamino lavoro faticoso un’ attività che pochissimo ha a che fare con il vero lavoro, quello che produce ben altri redditi pur producendo servizi e vantaggi considerevoli e diretti per la società e che dovrebbe avere migliaia di fans e applausi a scena aperta ogni giorno: l’operaio, il bracciante, l’insegnante, il medico, il poliziotto…D’altra parte, ammettiamo di invidiare molto i  nostri eccellenti scienziati e ricercatori, i premi nobel e gli artisti e tanti altri talenti che non hanno mai inseguito la gloria e la ricchezza. Ce ne sono tanti da invidiare. I nostri ragazzi tanto cullati dai media cantano bene, sono stati costruiti bene insieme per il business canoro e sono una efficiente macchina da soldi. Ma non parlateci di eroi dell’Italia nel mondo o di artisti. Le TV comincino finalmente a parlare di cultura, quella vera che ha altri protagonisti.

Giuseppe Campagnoli 2 Ottobre 2015

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