Gli italiani. 

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di Giuseppe Campagnoli Giuseppe-Campagnoli

All’indomani di ennesime elezioni ritorna in mente questa amara considerazione sui costumi degli italiani che non mutano mai.

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-Ma qual è oggi la “classe ristretta” di cui parlava Leopardi nel 1824? E chi sono oggi i perfetti epigoni di quel cinismo “nell’animo, nel pensiero, nel carattere, nei comportamenti nel modo di pensare, di parlare, di agire”? Ci sono nell’economia, nella politica, nelle comunicazioni, nei media? E’ fin troppo facile riconoscere queste categorie che fanno capo ai personaggi più in vista eredi di quella società “per bene” non impegnata a procurarsi come tutti con fatica il pane quotidiano! Dove il ricco è bene che resti ricco purchè faccia ipocritamente professione di populismo. Dove i salotti dei tempi di Leopardi hanno solo mutato sembianze ma non sostanza. Dove ci si attacca a vicenda quotidianamente e in pubblico… e ci si adula nel privato! E allora riconosciamo in quelle conversazioni leopardiane senza amor proprio, ciniche e violente, le rubriche lettere al direttore di molti giornali, gli editoriali al vetriolo, i talk show infingardi e aggressivi, le notizie false, tendenziose e parziali, la caccia allo scandalo, l’avversario politico che diventa nemico, le miserie umane che diventano fiction e viceversa, i pulpiti pieni di invettive, insulti, minacce e bugie.

Gli italiani sedicenti onesti e cittadini “per bene” sono questi, mentre di quelli che sono occupati dai propri bisogni primari non si parla o si parla poco o diventano gli oggetti di carità ed elemosina mentre chi si è procurato ricchezze quasi sempre sfruttando gli altri predica la tolleranza e la solidarietà, ma anche l’intolleranza verso i diversi, la riduzione delle tasse anche a chi non le ha mai pagate, il liberismo invece del liberalesimo, il populismo al posto della democrazia partecipata. E’ nel fondo di questi nuovi tribuni, sempre più ricchi, non c’è traccia dei concetti di libertà, eguaglianza e fraternità, concetti che anche Leopardi mostrava di ammirare nel citare la Francia come esempio di modernità. Da qui la certezza che la democrazia della maggioranza quando questa è plagiata da quelle ciniche conversazioni è una falsa democrazia e che molto più spesso sono da apprezzare le minoranze illuminate che possono emancipare le maggioranze obnubilate dai sempreverdi “oppi dei popoli” che citava Leopardi: ..le chiese, le feste, i passeggi, le gastronomie, gli spettacoli.
Il vero dramma e la vera farsa è che oggi quella classe ristretta se possibile cinicamente ipocrita “delle feste, degli spettacoli, delle chiese e dei comizi urlati” nonchè delle risse televisive e dei socialnetworks, è stata indotta a crescere fino a diventare la metà degli italiani, che sono poi quelli che non votano o, volte, votano per i tribuni populisti. Per la verità è stata in crescendo fin dal nostro vergognoso ventennio di inizio secolo, attraverso cinquant’anni di emblematica classe di governanti dedita a quelle perniciose conversazioni ed un ultimo lustro in cui si è assistito al sublimato di questa società ristretta che ha occupato i salotti reali e virtuali, le aule, i parlamenti come non mai, come se i ”lumi” positivi della morale si fossero definitivamente spenti nel giubileo del danaro, delle feste, delle chiese, dei furbi e dei corrotti. Ne è scaturito un vezzo prevalentemente italico dell’effimero in tutte le manifestazioni della vita privata e anche pubblica. Si è consolidato un adattamento di tutta la penisola alle superficiali poche antiche cattive abitudini ed agli ozi del mezzogiorno d’Italia che in questo si è completamente adagiato nel tempo consentendo una seconda definitiva conquista da parte dei poteri forti e del malaffare. Queste sono le nuove “chiese, feste e comizi” che rappresentano il sublimato della violenza del conversare e l’intolleranza palese o sottintesa verso gli altri si moltiplicano nella carta stampata, nella televisione, nei bar, nelle liti condominiali, nei social, nelle tribune politiche come se fossero aspetti naturali della vita.

C’è anche chi si meraviglia che queste manifestazioni di stupidità, sia del potere che di chi lo vuole soppiantare con altro potere, non siano apprezzate perché tuttosommato danno la parola alla gente comune permettendo di esprimersi.Non si rendono conto gli amanti di tali spettacoli che si sta plasmando un pubblico inetto e incosciente tutto preso dalla virtualità e dall’invenzione per non accorgersi di essere sfruttato ancor di più e più incisivamente di quando esisteva la classe contadina e quella operaia cioè quella che Leopardi descriveva come non dedita alle conversazioni perché troppo occupata s sopravvivere. Tutto è oggi manifestazione di apparenza senza contenuti, esibizione senza costrutto, sproloquio di convegni e media che finiscono per convincere la gente che quella sia la vita mentre in realtà è solo virtualità che offusca la realtà e impedisce di percepirne le miserie e i pericoli. La vita è ricolma di slogans, eventi, campagne tutte tese all’esibizione fine a se stessa,lontanissime da ricadute positive nelle trasformazioni della realtà e nel miglioramento della vita civile e nei comportamenti privati che su questa incidono.

Gli italiani, anche quelli una volta preoccupati dei loro bisogni quotidiani sono stati oggi ammaliati da pochi imbonitori immorali e amorali con il miraggio di un benessere falso e di breve durata che non consente di percepire la propria aumentata povertà, di presunti valori ripescati nelle soffitte dei tempi peggiori dell’umanità, di vendette sociali e rivalse improbabili e pericolose. Altri presunti valori emergono prepotenti e subdoli, alimentati da quel nostro egoismo e diventati bandiere per una moltitudine di altri poveri, più sfruttati ed armati dalle economie e dalle religioni vecchie e nuove,dalle sette politiche e del web, ora alleate le une contro le altre, con molto più pericolo che non ai tempi di Leopardi dove almeno non era realmente minacciata la stessa specie umana per colpa tutto sommato di poche canaglie,di qualche imbecille e di molti utili idioti.

Le frasi di Giacomo Leopardi di tanti anni fa sembrano dei pensieri alla rinfusa, delle idee che si rincorrono e andrebbero lette quasi come degli aforismi dedicati al “popolo italico” o a quel che oggi appare, al di là dei suoi confini geografici e della sua storia che, con una lunga sofferta pausa dalla fine dell’Impero romano al 1861 (una data ma non un cambiamento) gli ha consentito di chiamarsi popolo a dispetto di qualsiasi anacronistica ed egoistica spinta eccentrica giustificata maldestramente e parzialmente con alcune storie discutibili e non con motivazioni di ampio respiro sociale, storico ed economico. L’Italia è stata fatta, credo, con una certa forzatura, non così gli italiani che, ahimè,sono ancora avvezzi a seguire i tribuni e i clowns di turno.

Non è dunque proprio il caso di meravigliarsi che gli italiani per oggi e per il futuro, fatte le dovute illuminate ma rare eccezioni, mostrino in fondo un’anima prevalentemente conservatrice, qualunquista, ignorante a tutti i livelli come i segni inequivocabili del vivere quotidiano e della comunicazione continuamente ci ricordano ad esempio con:

le dita a forma di corna dei politici presidenti da operetta e dei populisti alla ribalta per i loro affari
le magliette che insultano le chiese altrui
le chiese che insultano la natura, la scienza di tutti e la coscienza altrui
i media che si rincorrono nella competizione della menzogna e del qualunquismo
i politici vecchi e nuovi che incitano all’illegalità e alla furbizia
i ricchi sempre più ricchi e caritatevoli e i poveri sempre più poveri ma nascosti e pieni di pudore sulla loro condizione : “chè tanto gli italiani si lamentano sempre ma stanno tutti bene…”
la lingua infarcita di luoghi comuni televisivi e di illetterato gergo mediatico
l’esibizionismo di singoli e gruppi
l’incitazione della televisione e dalle piazza a volgari forme di voyeurismo, di violazione della privacy, di sciacallaggio sulle disgrazie altrui e sulle colpe gridate ma non sempre provate
le scampagnate con lo stuzzicadenti a mezza bocca ed i prati alla fine lasciati con quintali di immondizia materiale e morale
chi produce rifiuti ma non li vuole accanto a sé
chi usa mezzi che la tecnologia offre ma non ne vuole sostenere i danni
chi non paga i tributi dovuti a Cesare ma vuole lo stesso i suoi servigi
chi continua a guardare la pagliuzza negli occhi degli altri ma non la propria enorme trave
le verità confezionate dai grandi comunicatori per un popolo di poveri di spirito.

Giuseppe Campagnoli 1 Giugno 2015

scritto dal al 2007-2015

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