“La Stampa -Giugno 2012- Università e pedagogia
Ho potuto constatare la distanza dei docenti universitari dal mondo dell’istruzione che li precede. È come se quel mondo non fosse ancora «scuola» * In una vita di scuola ho contribuito a formare generazioni di studenti, docenti e dirigenti scolastici e ho notato sempre gli scarsi e improduttivi contatti con l’università. In alcune occasioni ho potuto constatare la incolmabile distanza dei docenti universitari dal mondo dell’istruzione che li precede. I test di selezione richiesti per l’accesso ad alcune facoltà appaiono non a caso aleatori e discriminanti, gestiti in modo confuso e quindi penalizzante per chi si fosse veramente preparato. Ma questo sistema non sembra limitarsi all’esordio. Una volta iniziata la frequenza molti docenti non mostrano di avere nozioni di psicopedagogia, didattica e di tecniche per la motivazione e il metodo di studio, come se l’università non fosse ancora scuola. Anche nelle poche sbandierate scuole di eccellenza c’è il problema della sperequazione, specie quando non si ha la capacità di distinguere amministrativamente tra chi, evadendo le tasse, gode di benefici, alloggi e borse di studio immeritati e chi, oltre al danno economico, deve subire quello della beffa dei soliti immeritevoli che riescono, anche grazie ai loro enormi indichiarati mezzi finanziari, a conseguire perfino ottimi risultati di profitto. Il diritto allo studio dovrebbe essere fondato sulle pari opportunità sull’equità e sul merito che si coniughino con il diritto ad un insegnamento competente dal punto di vista pedagogico e didattico limitando lo studio individuale ai soli approfondimenti. Le testimonianze rivelano invece carenza di riferimenti pedagogici, di una didattica applicata con tempi adeguati, di criteri di valutazione palesi e condivisi: l’opposto del concetto di scuola. E’ a causa dei tagli e delle riforme-non riforme succedutesi nel tempo, riducendo di fatto la qualità dell’insegnamento, che l’università è diventata solo un percorso a ostacoli o nel migliore dei casi una specie di lotteria per «i capaci e meritevoli privi di mezzi»?”
Education 2.0 Settembre 2014– Università
l seguito di una storia che ho raccontato tre anni fa e che rappresenta un sintomo attualissimo di come è ridotta la scuola italiana dalle elementari all’università. Uno studente diplomato con 100 su 100 alla maturità in una scuola molto rigorosa, riesce ad accedere fortunosamente, dopo una selezione che ci è apparsa aleatoria, approssimativa e forse iniqua, ad una scuola universitaria speciale prestigiosa. Fa il suo corso regolare in un clima di esasperata competizione tra colleghi non tutti alla pari come vorrebbe la nostra costituzione e non tutti onesti dal punto di vista dell’accesso alle agevolazioni nei servizi universitari come vorrebbe la morale e la legge. Il nostro ottiene in genere voti medio-alti frequentando anche una parte del percorso in Germania e prende la sua laurea triennale con il massimo dei voti dopo studi costanti e faticosi da fuori sede con un costo familiare rilevante e fondato sul sacrificio.
Si iscrive alle prove di ammissione per accedere alla Laurea Specialistica presso la medesima scuola che ha
frequentato con capacità e merito, al fine di completare degnamente il percorso intrapreso.
Studia tutta l’estate per superare delle prove fondate su prestazioni sulle quali nessuno, per inciso, lo ha preparato nei suoi studi precedenti confrontandosi con competitors palesemente avvantaggiati, per nascita e ambiente, su diversi profili, noti al sistema e mai risolti dal punto di vista delle pari opportunità.
Ora si è in attesa di un responso che appare più dipendente dal fato che dal merito.
Nell’attesa sorgono automaticamente alcune domande. Dov’è l’equità? La didattica? E la certa valutazione?
La professionalità dei docenti e della scuola si fonda sulla selezione “purché sia”?
Dov’è il rispetto del principio di parità di trattamento?
In che misura si tiene conto dei risultati del percorso di studi precedente?
Il nostro giovane, in caso di esito negativo, dovrà provare a completare i suoi studi all’estero?
Perderà uno o più anni? Dovrà traslocare forzosamente dalla sua attuale sede di studi?
Dovrà rinunciare infine a quel traguardo che la scuola stessa ha confermato certificando con il diploma triennale risultati eccellenti e poi rischia di rinnegare in sede di ammissione al corso magistrale?
Chi pagherà per tutto questo?”
P.S. Oggi sappiamo come è finita. Lo studente è passato, ma nella combinazione di materie in cui, nell’insieme,era più debole e non in quella in cui era stato giudicato sempre più che positivo dai medesimi esaminatori. E’ stato invece ammesso,senza riserve, con il suo curriculum studiorum ad una prestigiosa università straniera dove poi non si è potuto trasferire per motivi logistici ed economici. No comment.
Didablog 2015.
“Ci riferiamo ad una situazione nota, già segnalata più volte in passato.
Come ci insegnano le più avanzate teorie pedagogiche e didattiche, la competizione tra studenti non è assolutamente un fattore che agevoli l’apprendimento a tutti i livelli degli studi, soprattutto nelle Università e nelle Scuole ad alta specializzazione. La competizione esasperata va stigmatizzata e contenuta dal bravo docente, non stimolata o addirittura provocata.
Questo aspetto si coniuga con le competenze pedagogoche e didattiche che i docenti debbono possedere per essere tali, anche a livello universitario e di alta specializzazione. La persona apprende per tutta la vita e le modalità di apprendimento non sono uguali per tutti anche se alla fine i risultati positivi possono esser raggiunti da ciascuno, secondo il proprio personale percorso che l’insegnante deve conoscere e saper valorizzare.
Il mobbing scolastico (dileggio, insulti sottotraccia e sfottò durante verifiche e prove didattiche, sia da parte dei docenti che degli studenti che si divertono ad esibire i loro disprezzabili istinti anche in rete ) è in questo contesto una pessima pratica e addirittura, in qualche caso, persino un reato.
In talune università selettive (spesso non per merito) e scuole di “eccellenza”, queste situazioni sono all’ordine del giorno e penalizzano l’apprendimento di molti favorendo gli studenti più furbi, aggressivi, supponenti e scorretti come se queste fossero delle doti. In considerazione di ciò abbiamo indirizzato questa nota ad alcune delle scuole speciali universitarie italiane che ci sono state segnalate dagli utenti e al competente Ministero per la necessaria sensibilizzazione e vigilanza.
I docenti dovrebbero agire per preparare bene gli studenti e garantire il loro diritto allo studio, partendo dalle pari opportunità e da un insegnamento personalizzato, soprattutto quando si tratti di educarli ad affrontare mestieri difficili e con forte concorrenza di mercato. Si sa che lavorare in questo modo è più faticoso per il docente e spesso ci si scontra con i noti problemi di risorse economiche delle nostre università. Proprio questo ci ricorda che fare il docente non è solamente una professione ma anche, in qualche modo, una missione civile e sociale e come tale andrebbe intesa.
I capisaldi per una corretta azione didattica, più incisivi quanto più alti siano i livelli di studio, crediamo debbano essere in sintesi, i seguenti:
- graduare l’apprendimento considerando e rispettando le condizioni di partenza, i tempi, i ritmi e gli handicaps di ciascuno.
- usare tipologie e metodologie di insegnamento individualizzato e di cooperative learning anche per eliminare forme di perniciosa competitività.
- dotare gli studenti degli strumenti propedeutici adeguati sia nella teoria che nella pratica tecnica per garantire le pari opportunità.
- aiutare a superare le difficoltà e le défaillances facendole percepire come ostacoli temporanei e non insormontabili .
- valorizzare e potenziare i fattori di successo per mitigare quelli di insuccesso con azioni di verifica, correttivi in itinere ed azioni di gratificazione.
- considerare che il target per un buon docente non è la selezione a tutti i costi, magari minacciando ad ogni passo (memento mori) che quasi nessuno potrà superare l’esame al primo o secondo appello utile.
- la nobiltà del docente si parrà nel riuscire a condurre quasi tutti i discenti ai traguardi previsti dalla scuola , anche offendo un po’ del proprio tempo al di là della mera remunerazione.
Sappiamo bene di combattere contro i mulini a vento di un sistema scolastico autoreferenziale e quasi al collasso ma poichè riteniamo che ” gutta cavat lapidem” non desisteremo, per il bene degli studenti e della scuola tutta che è fondamento del nostro futuro. La nostra azione di stimolo rivolta ai decisori politici e tecnici proseguirà sulla stampa e nel web.
Ci piacerebbe avere qualche feedback a questa lettera aperta.”