L’ascensore leopardiano…

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Potrebbe sembrare una notizia locale e provinciale se non riguardasse i luoghi
di Giacomo Leopardi. Sono tornato a Recanati la  mia città dopo un po’ di tempo
ed ho potuto vedere da vicino quell’ “ascensore della discordia” che ha trovato ampia eco nella cronaca regionale anche per aver suscitato il giudizio scandalizzato e la protesta di Vittorio Sgarbi (da condividere almeno nella sostanza ) che avrebbe citato nelle sue critiche  persino Calatrava e  l’ex sindaco
di Venezia Massimo Cacciari (suppongo per il discusso ponte veneziano)
La prima domanda che il visitatore si pone spontaneamente  è quando verrebbero smantellate le impalcature di protezione che configurano il massiccio volume verde.
Una volta capito che in realtà  il volume “in rame ossidato prepatinato”
(citazione dalla nota di autodifesa del progettista) è l’ascensore finito e già operante  ci si chiede se sarebbe  costato troppo lasciare in vista (ad esempio usando acciaio e cristallo) la struttura consentendo
agli utilizzatori dell’ascensore di fruire anche dello splendido skyline che si può ammirare dalla cosiddetta”passeggiata leopardiana”
sulla vallata verso il colle dell’Infinito e gli Appennini.
Una architettura “indifferente” e trasparente non avrebbe risolto le necessità di superamento delle barriere architettoniche rispettando al contempo i luoghi? Non avrebbe collegato in modo moderno ma sostenibile un gioiello come il giardino multipiano del palazzo Venieri  (XV secolo) alla via panoramica  che conduce a casa Leopardi?
Tornando verso il centro della città da un vicolo alla sommità dell’elevatore si può intuire,per analogia, una risposta  nell’osservare con sgomento due edifici in ristrutturazione che esibiscono,accanto  ad altri manufatti storici in cotto locale faccia vista, vivaci  paramenti rossi e gialli.Leggendo il cartello del cantiere si capisce qualcosa di più: questa volta la colpa non è di un architetto… Anche questa è l’Italia.
Giuseppe Campagnoli
studioso di architettura e ricercatore
Pesaro
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