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Verso un’educazione diffusa pubblica

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Poco profeti in patria?

Un’educazione pubblica radicalmente diversa in una accezione di società educante. È questo l’orizzonte verso il quale si muove l’educazione diffusa intorno al quale sono nati il Manifesto per l’educazione diffusa – pubblicato su Comune-info nel luglio 2018 e a cui è possibile aderire -, diverse pubblicazioni (tra le più recenti segnaliamo Educazione diffusa. Istruzioni per l’uso di Paolo Mottana e Giuseppe Campagnoli e Il sistema dell’educazione diffusa di Paolo Mottana ma anche seminari, sperimentazioni e incontri di approfondimento in molte regioni.

La tesi di fondo è che si debbano rimettere bambini e bambine, ragazzi e ragazzi in circolazione nella società che, a sua volta, deve assumere in maniera diffusa il suo ruolo educativo con la scuola come base, portale in cui preparare attività che devono poi realizzarsi nel mondo reale.

Per alimentare un’idea di educazione di questo tipo c’è bisogno di un processo di medio-lungo periodo che tuttavia potrebbe sviluppare esperienze pilota in molti luoghi interessati e intanto mettere a punto gli strumenti urbanistici, legislativi e educativi in senso stretto. 

Non basta qualche passeggiata in più cortile, in piazza o in giardino per fare più o meno le stesse cose che si fanno nelle aule, non basta spostare banchi e sedie e metterli in circolo e non basta neanche la pur indispensabile educazione in natura. “Educazione diffusa significa, invece, ribaltare lentamente ma decisamente i paradigmi fondamentali dell’educazione, dell’istruzione, della formazione, dell’insegnamento e dell’apprendimento – scrive Giuseppe Campagnoli – verso l’esperienza, la ricerca, l’erranza, l’apprendimento incidentale ricco di emozione verso la creatività, la passione e il coinvolgimento, gli unici che in fin dei conti restano non solo nella memoria ma nel nostro io più profondo e permanente. Magari anche con un uso del digitale e del web in rigorosa versione gregaria e strumentale”.

Si tratta, dunque, di portare la scuola fuori dalle aule a contatto con la vita di ogni giorno. Di formare insegnanti capaci di agevolare i percorsi di interconnessione tra i saperi e favorire sempre maggior autonomia di pensiero e di azione di bambini e ragazzi. Si tratta, ad esempio, di cominciare a utilizzare i tanti varchi, per quanto complicati e contraddittori, già presenti nella normativa scolastica ispirata all’autonomia e alla sperimentazione. Si tratta anche di “costituire gruppi di 5-7 o di 9-13 bambini e/o ragazzi, a seconda delle età, guidati da mentori ed esperti, con il coinvolgimento di artisti, testimoni e maestri esterni, ma anche di pensionati, artigiani e volontari che si muoverebbero nei vari luoghi educanti seguendo tracce e percorsi concordati e programmati a scadenze plurisettimanali. Si partirebbe e tornerebbe nelle basi collettive, tra le quali magari solo alcuni dei vecchi edifici scolastici più aperti e flessibili, dove si prefigurano le attività, si discutono una volta fatte e ci si riflette rielaborando e documentando, valutando i percorsi insieme”.

Per favorire l’approfondimento di questi temi e l’avvio di percorsi di educazione diffusa sono possibili dei percorsi di formazione destinati a insegnanti, associazioni, dirigenti scolastici, amministratori locali. Per informazioni: redazione@educazionediffusa.net

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Un racconto dell’Islam e oltre…

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La fede è l’aver fiducia cieca e irrazionale in chi ti racconta storie sull’essenza della vita.

Osservando i terribili fatti di oggi ripropongo la mia lettura in francese del libro di Tahar Ben Jelloum “L’islam expliqué aux enfants (et à leurs parents)”-éditions du Seuil 2002. Mi piace fare qualche considerazione “en passant” senza essere condizionato dagli avvenimenti degli ultimi giorni.

Ho commentato con degli appunti spurii il testo per evidenziare qualche contraddizione ed alcune affermazioni che mi paiono peccare di qualche sciovinismo culturale. Sappiamo bene quale importanza storica e culturale abbia avuto e quali gravissimi peccati abbia commesso la religione cristiana. Intellettuali e storici, compresi quelli cattolici lo hanno ammesso e hanno in qualche modo chiesto venia, spesso con fermezza e decisione. Fa lo stesso chi scrive e parla di islam? Delle tre affini religioni rivelate è originale constatare che due hanno avuto un messia riconosciuto: Gesù e poi Maometto che parlavano lingue un po’ diverse asserendo di esprimersi in nome del stesso Dio, l’altra sta ancora aspettandone uno. E il bambino cui si rivolge Tahar, con la spontaneità, l’innocenza e la verità infantile esclama: “Come obbedire a qualcuno che non si vede?”  Continua la lettura di Un racconto dell’Islam e oltre…

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