Archivi categoria: Ministero della pubblica istruzione

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La scuola pubblica si chiude ancor di più su sé stessa.

Non tutti i mali vengono per nuocere.

Sappiamo sicuramente cosa fare.

I segnali non sono affatto confortanti. La scuola pubblica, ora non più pubblica pare, ma solo meritocratica, in mano alla reazione di estrema destra (il peggio infatti non è mai morto) oltre a mettere paletti antidemocratici su diritti e libertà di insegnamento, potrebbe anche precludere più di oggi l’autonomia e la libertà di sperimentare in campo educativo e rafforzare i legami con la vita reale, i territori e la politica che è anch’essa un diritto in educazione. In tempo reale giunge la notizia terrifica dell’istituzione del Ministero dell’Istruzione e del Merito: addestrare e classificare, dividere per censo, fortuna e dispari opportunità. Il timore si fa grottesca e pericolosa realtà.

Senza contare le idee mercantili rispetto all’istruzione che diventerebbe una orribile fiera, peggio di oggi, che andrebbe dalle paritarie, alle parentali alle sofistiche, spiritiste e occultiste, alle statali concesse di fatto al privato in una esasperazione di liberalizzazione educativa.

Cosa potremmo fare allora noi dell’educazione diffusa e della città educante per anticipare il colpo se dovesse essere preclusa la strada della sperimentazione? Un’idea, che solo a prima vista parrebbe un po’ utopistica, non potrebbe essere quella di costruire percorsi autonomi, dal basso sia dentro che fuori dalla cosiddetta scuola pubblica (come ad esempio la scuola degli Elfi di Cagliari, o quella dell’Officina del fare e del sapere di Gubbio ) pronti un giorno a rifondare insieme una società educante, in forma di vera cooperazione sociale diffusa e numerosa? Una immensa rete carbonara dell’educazione che farebbe tanti splendidi virtuosi danni pedagogici !!

Tutto ciò che si prefigura nel progetto di educazione diffusa, nell’ipotesi di una involuzione drammatica del pubblico, non potrebbe realizzarsi allora in autonomia nella società senza alcuna iniziale implicazione statale ma con una forte connotazione collettiva? I costi in una accezione di mutuo soccorso non sarebbero poi tanto superiori a quelli che ahinoi le famiglie comunque sopportano nel complesso per la scuola pubblica (trasporti, contributi, libri e sussidi, attrezzature, tasse più o meno dirette…) mentre una rete di luoghi scelti ad hoc, insieme a tempi e modi radicalmente diversi, potrebbe anche distribuire e ridurre i costi che oggi gravano sull’edilizia e l’organizzazione scolastica fatta di ruderi e gabbie dorate.

Non si potrebbe per intanto contestualizzare l’idea di educazione diffusa in questa eventualità avviando quando possibile il percorso di cui ha parlato Paolo Mottana come annuncio di un vero e proprio sistema educativo, nell’ultimo seminario di settembre a Rimini ? Insegnanti, mentori, esperti e risorse materiali sarebbero ben assorbibili in un’ampia accezione cooperativa.

Parallelamente continuerebbe la formazione destinata a docenti, associazioni, amministratori locali, per proseguire comunque e malgrado tutto l’azione di virtuosa infiltrazione con esperimenti estemporanei o sperimentazioni formali negli ambiti educativi pubblici possibili e praticabili. L’educazione diffusa avviata in forma cooperativa non sarebbe così il rimedio ad una eventuale preclusione di fatto della scuola pubblica a qualsiasi radicale innovazione che sappiamo invece quanto mai urgente, da tempo? È la storia ironica e didascalica della Commedia della città educante che potrebbe farsi realtà unendo, integrando e coordinando per affinità anche tutte quelle esperienze impegnate nella stessa direzione ma oggi separate perché autoreferenziali e sparpagliate anche idealmente. Mai come ora non sarebbe indispensabile unire le energie che operano di fatto in una direzione compatibile con l’idea di educazione diffusa? In tempi migliori si potrebbe pensare di far rientrare nel pubblico statale ,ormai svuotato a causa del nuovo classismo , il percorso così sperimentalmente collaudato e provato sul campo da un a nuova rete di esperienze impegnate in questa sottile rivoluzione in campo educativo. Al tempo stesso si potranno mantenere ed aumentare quelle esperienze che dovessero ancora  «passare » nel pubblico disobbediente o distratto. Una strada lunga ma forse per certi aspetti di questi tempi obbligata ma sicuramente più appassionante nella sua caratteristica di sottile sommossa educativa, quasi un 68 in revival per aprire diffusamente occhi e menti non solo di bambini e ragazzi. Chi aderì e continua ad aderire anche con i fatti al Manifesto dell’educazione diffusa non potrebbe coinvolgersi in questa proposta in modo attivo a partire dai propri luoghi?

Si tratta di un’idea forse balzana, forsanche di una provocazione, seppure a mio parere non tanto peregrina, che metto sul tavolo per un dibattito costruttivo tra quanti hanno a cuore una cambiamento radicale in educazione come prodromo per tutto il resto, a partire naturalmente dal Manifesto dell’educazione diffusa e da tutti i capitoli successivi.

Intanto procede il lavoro di costruzione del progetto di un Sistema dell‘educazione diffusa, al di là delle effimere prove parziali di applicazione di una nuova teoria pedagogica tra le tante. Per primavera è programmata, come annunciato sui social, l‘uscita del libro di Paolo Mottana “Il sistema dell‘educazione diffusa“ edito da Dissensi.

Cambiamenti, giammai rivoluzioni.

Pagheranno come si deve maestri, insegnanti, professori? Continueranno a costruire reclusori scolastici? Terranno ancora il principio dell’ alternanza tra scuola e lavoro? Sosterranno che non c’è bisogno di una rivoluzione in educazione? Continueranno a glissare sul  superamento delle differenze tra stranieri, italiani, generi, disabilità e tanta altra umanità? Vorranno  realmente mai una educazione libera e diffusa o ne cavalcheranno solo per propaganda  gli aspetti esteriori e superficiali come: apriamo le scuole, facciamo più lezioni all’esterno, scuola anche in estate, tirocini e gite scolastiche, esperimenti vari ed effimeri? Si cambierà qualcosa in meglio?

Poiché non voglio passare come sempre per il solito bastian contrario, desumete liberamente le risposte da questa intervista di qualche giorno fa del Ministro Bussetti all’Avvenire e anche dal resoconto stenografico della sua audizione recente alla riunione congiunta delle VII Commissioni Cultura e istruzione di Camera e Senato presto disponibile sui siti istituzionali.

Leggete anche: Chi ha paura dell’educazione diffusa

Giuseppe Campagnoli

(In copertina: 2018  Nuovi reclusori scolastici a cinquestelle )

 

 

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Scuole innovative? I vincitori del concorso delle “belle scuole”. Tutto cambia perché nulla cambi.

 

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Scuole innovative? I vincitori del concorso delle “belle scuole”. Tutto cambia perché nulla cambi.

Riprendo l’articolo di un anno fa sul famigerato bando per progettare le “scuole del futuro”. I risultati non fanno che confermare l’idea che non si debbano più progettare reclusori scolastici, seppure ipertecnologici, iperestetici o iperecologici, ma si debba ridisegnare la città nella funzione educante dei suoi luoghi significativi. E si torna alle idee  del  Manifesto dell’educazione diffusa. Qualche indiscrezione iconografica ci riporta ad una concezione mercantile degli spazi dell’apprendimento che segue pari pari una idea di scuola obsoleta e reazionaria. Quando avremo la carrellata completa delle immagini dei progetti vincitori sapremo dirvi di più. Le premesse e le anteprime non sono per nulla incoraggianti. Ci saremmo aspettati almeno una, una soltanto, #scuolasenzamura. Spiace vedere nomi come quello di Monestiroli (ricordi universitari di “tendenza”) in questa kermesse di pseudo innovazione.  Ma forse era chiedere troppo alla psicopedaeducazione imperante ed all’architettura della globalizzazione e del consumo. Ci confronteremo, forse, con una realtà prossima a noi, in Romagna, dove si colloca uno dei progetti vincitori, e dove, ripeto forse, potrà avviarsi un’ esperienza di educazione diffusa come a Monza, Milano e Urbino che non può non coniugarsi con un ridisegno della città in funzione educante. Ne vedremo, forse, delle belle!

Giuseppe Campagnoli 10 Novembre 2017

 

 

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