Classici e attuali: Leopardi

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Cominciamo questo nuovo anno (bisestile!) pubblicando uno ad uno, settimanalmente, editoriali e articoli di architettura, scuola, arte e varia umanità apparsi a firma del nostro redattore Giuseppe Campagnoli su La Stampa vecchia gestione e sulla rivista educativa on line Educationdue.0.

Gi articoli e le lettere, scritti tra i 2010 e il 2015 sono stati raccolti in una antologia intitolata “Ritagli”, già recensita su questo blog.

Iniziamo con il primo e più lontano nel tempo: “Classici ciòè attuali” La Stampa Marzo 2010.

Una «rilettura» dei testi antichi che non sia semplice traduzione renderebbe comprensibili libri altrimenti ostici ai più. Come un certo “Discorso” del Leopardi. La lingua italiana, purtroppo, già dall’Ottocento a oggi si è trasformata tanto da essere quasi un’altra lingua. Senza contare che anche i dialetti spesso costituiscono dei veri e propri linguaggi a sé e contribuiscono a complicare la comprensione nel parlare e nel leggere. D’altra parte, anche le traduzioni di autori stranieri in italiano spesso ne hanno svilito il testo e molto più spesso hanno prodotto decisamente«un altro libro». Lascerei leggere a dotti e studiosi i testi originali laddove questi siano arcaici, complessi e incomprensibili ai più. Per non impedire al lettore poco colto di cogliere i messaggi di poeti e letterati importanti praticherei la via di una «rilettura» che non sia una traduzione vera e propria ma una specie di «remake»qualificato e rispettoso del significato e del messaggio dei testi dei classici ormai lontani nel tempo. Ho provato io stesso a fare un rispettoso esperimento con il mio amato concittadino Giacomo Leopardi: ho tentato di rendere comprensibile anche al lettore meno dotato l’essenza del “Discorso sullo stato presente dei costumi degli italiani” che ho trovato straordinariamente attuale e quasi miracoloso nel descrivere gli italiani come sono stati e come sono ancora oggi nella quotidianità e nella società. Chi lo ha letto, anche poco avvezzo a leggere libri, lo ha apprezzato e mi ha testimoniato lo stupore per essere riuscito a rendere attuale un saggio che altrimenti sarebbe stato compreso da pochi eletti e che non sarebbe stato utile a una riflessione profonda sull’attuale italico malessere. Anche un solo lettore in più di un testo altrimenti considerato datato, ostico, involuto, prolisso e sostanzialmente incomprensibile, costituisce un risultato di crescita per la cultura e, in questo caso, per la democrazia.

Giuseppe Campagnoli




Buonasera.Otium et religio.

La buona scuola. “L’ora di otium”. Ancora una volta Massimo Gramellini “buongiorna” sulla scuola. Noi abbiamo scritto di scuola un articolo si e l’altro pure. Se qualcuno ci leggesse forse ne trarrebbe qualche giovamento, vista la nostra esperienza. La lingua italiana è una materia fondamentale della formazione e dell’istruzione nella nostra scuola. Il fatto che sia stata minimizzata, che sia insegnata malamente, che non si faccia più dettato, riassunto e analisi logica a vantaggio dell’articolo di giornale, del saggio breve, della critica storica e artistica o che non si facciano parlare in pubblico gli studenti “dal muretto”  non vuol dire che si possa usare l’ora di “socialità” per compensare queste carenze né per recuperare la capacità di dialogo e di  sana relazione interpersonale che dovrebbe iniziare dai nuclei o dalle tribù familiari che hanno per Costituzione la responsabilità “in educando”. Non mi stancherò mai di ripetere come noi, generazione anni ’50, prima della malefica riforma della scuola media del 1963 alla fine della terza leggevamo e capivamo senza problemi il “Moby Dick” di Melville tradotto da Cesare Pavese!

Abbiamo sempre detto che l’insegnamento della lingua italiana va riportato in parte a 40 anni indietro e in parte attualizzato alla nuova comunicazione, ai media ed alla velocità delle informazioni. Molte università sono costrette ad istituire corsi di recupero della lingua italiana per le loro matricole: altro che inglese! Altro che ora dell’ozio. Il momento della giornata per il dolce far nulla, la meditazione e la riflessione, anche filosofica, potrebbe essere invece la trasformazione della famigerata ora di religione, sottratta finalmente ad una specie di culto di stato. Eviteremmo guerre e guerricciole ridicole, se non fossero pesanti e pericolose per l’ignoranza di entrambi i contendenti di turno, tra credenze e superstizioni variegate e l’ora dell’otium potrebbe essere veramente utile come cerniera e ponte tra le altre discipline in un curricolo diverso da quello edulcorato della “Buona Scuola” più rigoroso, più serio dove la dignità di materie scientifiche, linguistiche,umanistiche e artistiche è la stessa, perché il cervello in crescita ha bisogno di tutte.

Giuseppe Campagnoli




Lo stato dell’arte politica. Verità nascoste.

di Giuseppe Campagnoli Giuseppe-Campagnoli

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Molte sono le verità che una certa arte della politica e della comunicazione nascondono accuratamente all’opinione pubblica per consentire che nei miserevoli teatrini in tv, nelle piazze populiste e nel web, si blateri di tutto meno che dei fatti incontestabili dell’economia e della società. Alcuni importanti luoghi comuni sono da sfatare, prima di altri e prima che sia troppo tardi e che ci si riduca a far la guerra ai nemici sbagliati.

  1. PENSIONI. Le pensioni cosiddette “retributive” non sono altro che un patto scellerato tra lavoratori e datori di lavoro (tra cui lo Stato) : “io ti pago   stipendi tre volte ( e anche 4)  più bassi della media europea per 40 anni di lavoro  qualificato e il resto te lo darò quando sarai in pensione pagandoti dei ratei che corrispondono circa all’80% del tuo ultimo stipendio”  Si tratta quindi in effetti di un salario differito che insieme alla liquidazione non raggiungerà mai, comunque, ciò che era dovuto per il tempo lavorato con uno stipendio adeguato, di livello europeo e costituzionalmente equo. Si parla di pensioni da miseria (400-600 euro mensili) senza fare cenno ai tanti,che si lamentano anche in tv,( ad esempio commercianti, artigiani, autonomi in genere) mentre non dicono di aver versato contributi risibili e  si guardano bene dal confessare di aver accantonato ingentissimi patrimoni immobiliari e tesoretti in banca!  Altro che pensino d’oro e liquidazioni di diamante!
  2. EVASIONE SOCIALE. Sono più di quanti si possa pensare i figli di lavoratori autonomi che godono di provvidenze, sconti, mense, alloggi per studiare quasi gratis, mentre conducono un tenore di vita altissimo grazie alle loro famiglie ricche che dichiarano redditi bassi e nascondendo nelle pieghe di leggi implicitamente compiacenti patrimoni più che ragguardevoli.
  3. COMUNISMO E LIBERISMO. Il comunismo e il socialismo sapevano distribuire ma non sapevano produrre. Il capitalismo e il liberismo (quest’ultimo in Italia è l’unico verbo della politica che va, con minime sfumature, da Berlusconi a Renzi e da Salvini a Beppe Grillo) sanno produrre ma non distribuire ricchezza perché lo scopo principale è ancora il profitto per pochi e la carità, quando si può, per gli altri.
  4. CRISI. La crisi non esiste di per sé. Sono le imprese, grandi, piccole e piccolissime che quando hanno visto scendere i loro profitti per il calo fisiologico e scientificamente plausibile dei consumi, per la loro endemica incapacità ad investire in ricerca, innovazione e formazione non hanno fatto altro che “fallirsi” , delocalizzare, licenziare, scappare con il malloppo o piangere sul latte versato da loro stessi anche con miserevoli atti di autolesionismo su cui la stampa ha fatto la sua consueta parte da rapace.
  5. CORSI E RICORSI. I cicli economici hanno sempre un inizio ed una fine. Oggi, per fortuna, siamo alla fine di un grande pernicioso ciclo. Per garantire l’equilibrio sociale occorre allora, senza indugio, limitare i redditi e le rendite, introdurre più pubblico sano,  ridurre e controllare l’iniziativa privata, abolire le speculazioni finanziarie ed imporre meccanismi di ridistribuzione della ricchezza solo in base al lavoro e al merito.
  6. RICCHEZZA E POVERTA’. Possibile che anche la chiesa cattolica sia arrivata a dire che non si tratta di carità e che il traguardo immediato deve essere quello dell’abolizione della povertà attraverso la costruzione di una società degli eguali nelle pari opportunità in ogni campo per non cadere nell’errore opposto di una società degli “identici”? Come ottenere questo se non prendendo da chi ha immeritatamente e spesso disonestamente e criminalmente molto di più? Altro che euro, banche centrali, finanza! La chiave è molto più semplice e a portata di mano. Per una volta, da agnostico, mi sento di spezzare una lancia a favore del “comunismo” dissimulato di papa Bergoglio!

Giuseppe Campagnoli