Archivi categoria: sfruttamento

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Ma questo è un bel manifesto!

“Ma questo è un bel manifesto!” Ha esclamato una mia amica leggendo questi punti che ho buttato giù ma che ho in mente da sempre per avviare la società ad un futuro vicino all’equità, alla libertà ed alla fratellanza tra gli uomini. Come sosteneva Rousseau tutti i mali sono venuti dal possesso e dalla proprietà ed è per questo che è proprio l’economia a fare la differenza tra uno stato di sfruttamento, di povertà e ricchezza contrapposte ed uno stato di libertà. Nella nostra Italia martoriata da tempo, giusto fin dalla sua “non-unità” una delle caratteristiche più eclatanti è che siamo da tanto un paese  povero e allo stremo, con servizi collettivi al collasso mentre tanti cittadini sono più meno ricchi e risparmiatori. Non vi fa venire in mente qualcosa di lapalissiano questa constatazione? Da dove vengono i danari per i servizi, per lo stato sociale, per il funzionamento della nostra comunità? Dai contributi dei cittadini attraverso le tasse. E allora perché lo stato è povero e gran parte   dei suoi cittadini  di fatto non lo è e tende a nasconderlo nelle banche, nei beni immobili oltre la casa dove abita e in investimenti vari, salvo poi il piagnisteo  e la ignobile pretesa che tutti paghiamo per loro quando vengono truffati per la loro dabbenaggine o la loro ingordigia? Tutto ciò accade perchè c’è troppo mercato e troppo poco Stato. E c’è un sistema fiscale decisamente iniquo che non accenna, neppure nelle intenzioni elettorali di tutti i contendenti a cambiare per nulla. La cosiddetta tassa piatta e le elemosine sotto varie forme, tendenti a lasciare i poveri come sono e i ricchi anche, se non ad aumentarli, aggravano questo stato di cose. Per una società più giusta e più libera, non certo utopica , molto si potrebbe fare già da ora, non solo nel nostro strano paese dove l’analfabetismo di ritorno ed una scuola chiusa, inutile per i più e a senso unico hanno vanificato l’educazione e il vero senso di solidarietà ed onestà nella maggior parte della gente che viene invece sopraffatta dall’ignoranza e dall’ egoismo. Questi potrebbero essere i primi utili passi in una sorta di lista delle azioni propedeutiche ed ineluttabili verso una democrazia laica e libertaria.

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« Il fondamento della vita in comune è l’educazione ed è tempo di una vera e propria rivoluzione in campo educativo: educazione incidentale, libera, senza muri e orari, senza competizione, forte e aperta a tutti i saperi, senza discriminazioni e separazioni di sorta.

Il fondamento dell’equità è la lotta allo sfruttamento e alle diseguaglianze che generano ricchezze e povertà. Occorre ridurre queste disuguaglianze agendo sulla forbice tra redditi e ricchezza personale o collettiva  con un tassazione che riduca gradualmente la differenza tra redditi e patrimoni minimi e massimi al massimo (massimo!) a 12 volte. (CFR Le Facteur 12”) Qualsiasi profitto serve a garantire una vita dignitosa e deve essere per forza reinvestito per la ricerca, il sociale e ridurre la dipendenza della vita dal lavoro.    

Le libertà ed i diritti civili conquistati con tante lotte e sacrifici nei secoli sono intoccabili e vanno ampliati (aborto, divorzio, unioni civili, concetto obsoleto di famiglia, lotta alle discriminazioni sessuali, di religione, di provenienza geografica…) 

Nazioni, patria e  frontiere sono concetti di altri tempi e dei tempi delle guerre. La solidarietà  collettiva e individuale tra umani e soprattutto  verso le persone vittime di guerre, fame, carestie e danni provocati direttamente o indirettamente da colonizzazioni, predazioni multinazionali e mercanti e impresari di paesi diventati ricchi sulle spalle del terzo mondo è una legge di civiltà per tutti, in Italia, in Europa, nel mondo.

La gratuità e l’accesso totale alle cure  di qualità  per tutti in qualsiasi situazione personale, geografica  e anagrafica sono diritti fondamentali. Occorre sottrarre al mercato la salute e la medicina.

Occorre togliere gradualmente al mercato  ed alla speculazione anche altri beni e servizi fondamentali e vitali come agricoltura, cibo, acqua, casa, educazione, ambiente, trasporti…

E’ fondamentale, in attesa della liberazione dalla schiavitù del lavoro, l’ istituzione di un reddito minimo (e di un limite anche massimo per equità)  e di un reddito di cittadinanza universale con fondi tratti dalla tassazione e dalla riduzione di redditi e patrimoni che eccedono la regola equa (e implicitamente scritta anche in Costituzione negli articoli dedicati al lavoro, alla iniziativa privata, alle tasse etc..) del fattore “12”.

È essenziale la tutela globale dell’ambiente naturale e di tutti gli esseri viventi e auspicabile la graduale abolizione di allevamenti intensivi per il mercato dell’ iperproduzione.

La religione è un fatto personale. La società  e lo Stato sono laici. 

E non finisce qui.

Giusepe Campagnoli

22 Maggio 2019

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Il merito che distrugge le società.

Prendo spunto dal libro “La société des Egaux” e da una vecchia intervista a Pierre Rosanvallon per tornare a formulare idee e pensieri che pare esperti, politici, giornalisti bendati e mezzibusti non capiscano o non vogliano capire e su cui continuano a pontificare “ad usum delphini” anche in questo caldo scorcio d’estate.

I pensieri sono semplici e chiari. Solo una società fondata su una reale uguaglianza può sconfiggere i mali del nostro secolo. La società diseguale è una minaccia globale. Le differenze sociali sono sempre più marcate e il disastro morale e civile è alle porte, nonostante gli ottimismi di facciata di un capitale liberista morente. La coesione sociale fa passi indietro pericolosi e la società condanna fenomeni che sono prodotti da regole e sistemi che però in fondo continua ad accettare.Si denunciano le retribuzioni scandalose di managers e finanzieri e non ci si indigna per gli emolumenti enormi di certi avvocati, medici, artisti, calciatori, giornalisti, scrittori…Si continua ad accettare il falso assioma che il merito possa produrre differenze economiche enormi mentre la vera democrazia, quella fondata sull’uguaglianza, sta morendo. Nelle fratture sociali allora si insinuano i populismi che esaltano un senso di comunità e cittadinanza falso e spesso basato sulla difesa di alcune corporazioni, sull’intolleranza, sul razzismo e sulla scarsa percezione che nella politica, anche quella dei partiti, non tutto sia da buttare. Per sconfiggere queste pulsioni occorre solo promuovere fermamente una società fondata sull’uguaglianza. Se dagli anni ottanta la meritocrazia e l’uguaglianza di opportunità sono divenute importanti è egualmente cresciuto l’individualismo trasformato da universale a singolare nell’era dei consumi.Il liberismo ha reso sacro il consumo insieme al merito finalizzato a questo ed al suo mercato che si fonda sulla concorrenza generalizzata.

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Occorre elaborare una filosofia dell’uguaglianza che non significa egualitarismo e appiattimento. Dovrebbe essere un’uguaglianza relazionale e coniugata con il bisogno di singolarità. Bisogna dare a ciascuno i mezzi della propria individualità senza discriminazioni e con una forte educazione alla reciprocità che esclude del tutto la competizione e la sopraffazione che è la regola dell’attuale libero mercato. “C’è reciprocità quando ciascuno contribuisce in modo equivalente ad una società dove l’equilibrio dei diritti e dei doveri è lo stesso per tutti”. E’ necessario per questo mettere l’uguaglianza al centro dello spazio sociale e della vita di relazione anche pubblica e politica: una uguaglianza che genera redistribuzione economica e che, di fatto, non ha più bisogno della meritocrazia perché non è su questa che si fonda. Un saluto a tutti i saggi!

Giuseppe Campagnoli

Jobs acts, le multinazionali e gli studenti erranti in Europa.

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Jobs acts, loi pour l’emploi, students et Erasmus.

In tempi di jobs act in Italia e di loi pour l’emploi  in Francia anche il progetto Erasmus  mostra spesso , ahinoi, luci ed ombre in fatto di scuola-lavoro, sicurezza, equità sociale e pari opportunità. Partiamo da questa lettera di un giovane studente a Parigi indirizzata qualche settimana fa alla multinazionale in cui ha lavorato appena un mese dopo essere stato inspiegabilmente  congedato durante il periodo di prova.

“Madame, Monsieur,

Le 1er Mars 2016, un mois avant la fin de ma période d’essai en qualité de Brand Representative, j’ai été convoqué de façon inattendue par deux managers dans une petite salle des bureaux de votre magasin plus grande de la ville. Après un discours embarrassant et une analyse improbable de mon expérience de travail et sur mes considérations, les managers m’ont communiqué que l’entreprise n’avait plus besoin de moi. J’ai demandé des explications et j’ai précisé que tous les commentaires que j’avais reçus de la part de mes collègues, des managers et, surtout, des clients avaient été très positifs. Les raisons présentées maladroitement mais fermement par les deux managers étaient, pour eux, irrévocables. À mon avis, ces raisons étaient aléatoires, vagues et voire grotesques : « pas assez d’énergie», « tu as bien compris le sens de la marque mais tu n’as pas su créer assez d’ambiance» …

Les raisons étaient en claire contradiction avec les compliments reçus maintes fois par d’autres managers, voire même par les deux managers mentionnés ci-dessus. Les compliments concernaient la qualité de mon travail dès le début de ma période d’essai. Il y a un mois, après l’entretien d’embauche, j’ai été choisi presque immédiatement. J’ai reçu une formation expresse et bâclée, avec un flot d’informations concernant les plans, les rôles, les horaires et j’ai été mis sur le terrain immédiatement avec toute l’incertitude d’une préparation trop courte et insuffisante. Horaires et shift aléatoires, toujours trop changeants et aucun repère concernant la hiérarchie. Cependant, dès la première semaine de travail je me suis bien adapté et j’ai accompli mes tâches le mieux possible. J’ai élargi mes connaissances, mes capacités techniques et relationnelles face aux clients et à mes collègues. J’ai toujours eu un comportement correct et proactif tandis que d’autres collègues, en toute honnêteté, ne se gênaient pas pour téléphoner, écrire des messages ou bavarder pendant le service. Bien sûr, ces collègues n’ont jamais été convoqués par les très perspicaces et attentifs managers. J’ai eu beaucoup de retours positifs de la part de certains managers malgré leurs consignes répétées plusieurs fois et souvent ambigües et contradictoires. Pour ce poste, j’ai dû ouvrir un compte courant et effectuer toutes les démarches exigeantes prévues par la loi ; l’administration française n’a rien à envier à celles d’autres pays européens ! Au bout de 30 jours de travail, soudainement, de façon inattendue, à la fin de mon service, un service qui s’était très bien passé (certains clients ont même fait des compliments à mon sujet aux caissiers qui m’en ont fait part) j’ai été invité dans la petite salle avec les deux managers qui m’ont communiqué la nouvelle concernant la rupture de la période d’essai. Ma période d’essai de deux mois se terminait normalement le 2 avril, or on m’a obligé à partir le 15 mars, tout en me faisant comprendre qu’il était préférable que je parte tout de suite soit le 4 mars car leur décision était définitive. Je sais que pour interrompre la période d’essai aucune de deux parties n’est obligée de présenter de motivation. Cependant, vous l’avez fait : le manque d’énergie. Un motif difficile à comprendre. Par conséquent, des doutes me viennent. Peut-être que l’interruption de ma période d’essai est due plutôt à un manque de désinvolture effrontée et impolie envers les clients ?  Ou alors un doute encore pire, que j’espère être infondé, que la vraie raison de la rupture soit le port des appareils auditifs, que je porte toujours, discrets mais tout de même visibles?

J’ai l’intention de raconter mon expérience dans votre entreprise car la raison évoquée pour la rupture de la période d’essai ne me paraît ni pertinente ni réaliste.  Ceci étant dit, je vous demande, si possible, quelques éclaircissements.. Je crois en plus d’etre en droit de recevoir une INDEMNITé COMPENSATRICE, parce que je n’ai reçu aucune communication écrite concernant le délai de prévenance. J’ai signè seulement la « prise d’acte » de la communication de clôture de la période d’essai. En fait l’ordonnance du n° 2014- 699 du 26 juin 2014 est venue préciser que lorsque le délai de prévenance n’a pas été respecté, son inexécution ouvre droit pour le salarié, sauf s’il a commis une faute grave, à une indemnité compensatrice. Cette indemnité est égale au montant des salaires et avantages que le salarié aurait perçus s’il avait accompli son travail jusqu’à l’expiration du délai de prévenance, indemnité compensatrice de congés payés comprise (article L. 1221-25, dernier alinéa, du code du travail).

Dans l’attente de votre réponse, je vous prie d’agréer mes salutations distinguées.” E.F.S.C.

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Erasmo è il nome emblematico del nostro studente, sorpreso e deluso dal fulmine a ciel sereno, è stato licenziato in tronco da uno degli stores più grande e meglio ubicato d’Europa di un  noto marchio multinazionale, prima della fine del periodo di prova, perché poco macho, poco felice e gioiosamente ebete,per qualche altro oscuro e discriminatorio motivo o perché già anziano alla soglia dei 24 anni, come è già avvenuto? La motivazione della coppia di managers (i capi e capetti dello store che si caratterizzano per dire e contraddire, ordinare e contrordinare, lodare e dileggiare) che hanno convocato alla fine del turno in una stanzetta il malcapitato studente-brand representative dopo appena un mese di prova, sui due previsti dal contratto per comunicargli di non essere più gradito, sono apparse aleatorie, generiche oltre che buffe e grottesche: “non c’era energia..”, “hai ben compreso il senso del marchio ma non ha saputo creare atmosfera..” Erano certamente  in palese contraddizione con le lodi e i complimenti avuti in più di una occasione dal ragazzo proprio da altri (ma, a volte, anche dagli stessi) managers sulla qualità del suo operato. Raccontiamo senza commenti e senza chiose  questa piccola storia del mondo del lavoro precario senza citare peccati e peccatori ma indicando con precisione il contesto geografico e commerciale.

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L’Europa non dovrebbe essere cinica come l’America, ma non è così. La storia intreccia le vicende degli studenti Erasmus con le loro instabili e deludenti esperienze di lavoro tese spesso ad integrare i ridicoli contributi delle borse di studio all’estero. Appena arrivato nella metropoli più ambita d’Europa il nostro studente errante ha inviato decine di curricola mettendo in campo anche le sue ottime competenze linguistiche e culturali. Si sorprese e si entusiasmò quando fu convocato per un colloquio da un notissimo brand  e quasi immediatamente assunto in prova dopo un frettoloso quanto inadeguato training, con programmi, ruoli  ed orari aleatori e continuamente mutevoli. Continua la lettura di Jobs acts, le multinazionali e gli studenti erranti in Europa.

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