Aggiorno e sintetizzo,una storia pubblicata in diverse puntate. Educazione, architettura, città, pandemia, guerra, libertà, le parole chiave.
Tutto cominciò negli anni settanta, quando tra la progettazione di scuole materne, medie ed elementari ispirate a principi di apertura e di flessibilità degli spazi verso l’esterno, gli insegnamenti sulla città analoga che si autocostruisce collettivamente e determina il suo stile di Aldo Rossi, le letture di Ivan Illich e Paulo Freire e i ricordi personali della crescita in una scuola rurale con il metodo Freinet iniziò la mia storia di architetto, di insegnante e di direttore di scuole d’arte. Tanta strada da lì in poi fino alla pubblicazione del Manifesto della educazione diffusa e a tutto quel che ne è seguito.
La mia classe en plein air. Giuseppe Campagnoli 2013
Avevo consolidato l’idea di cambiamento che era già in nuce nel libro “L’architettura della scuola” edito da Franco Angeli, Milano nel 2007. Il volumetto suggeriva, dopo anni di ricerche e progetti, una concezione innovativa degli spazi per l’apprendere. Era il momento di intraprendere la strada per un dibattito più ampio e, auspicabilmente, una sua sperimentazione concreta.
“ La città dice come e dove fare la scuola…il rapporto con la città, per l’edificio scolastico è anche una forma di estensione della sua operatività perché occorre considerare che la funzione dell’insegnamento ed il diritto all’apprendere si esplicano anche in altri luoghi che non debbono essere considerati occasionali. Essi sono parte integrante del momento pedagogico ed educativo superando così anche i luoghi comuni sociologici della scuola aperta con una idea più avanzata di total scuola o meglio global scuola dove l’edificio è solo il luogo di partenza e di ritorno, sinesi di tanti momenti educativi svolti in molti luoghi significativi della città e del territorio”.
“La staticità della conoscenza costretta in un banco, in un corridoio, nelle aule o nelle sale di un museo non apre le menti e fornisce idee distorte della realtà che invece è sempre in movimento.”
L’ incontro cruciale, dopo qualche anno e tante ricerche sul tema, con il professore di filosofia dell’educazione a Milano Bicocca Paolo Mottana e la sua Controeducazione ha chiuso il cerchio magico della mia storia tra educazione ed architettura aprendo i “portali” dell’educazione diffusa.
Un titolo e un programma. Sed absit iniuria verbis.Con questa recensione, rigorosamente di parte, non intendo rompere il silenzio stampa che mi sono imposto ed ho annunciato per questo periodo; intendo solo spiegare e chiosare l’uscita di alcuni articoli che riguardano in particolare quelli che vengono ancora definiti come “gli spazi fisici della scuola.” Nel numero 6 della Rivista dell’Istruzione edita da Maggioli e pubblicata all’inizio del 2021 sono stato ospitato, come del resto altre volte, grazie all’illuminato direttore Giancarlo Cerini, che non disdegna, per fortuna, le voci fuori dal coro, con un pezzo dedicato all’Educazione diffusa. Un piccolo contraltare assai sbilanciato per l’insieme degli interventi pubblicati. Ma, comunque, 0ggi è importante esserci malgré tout.
Leggendo la rivista per intero si può agevolmente comprendere che la maggioranza degli articoli raccolti è di segno decisamente opposto all’idea di educazione diffusa che descrivo e rilevo nel mio pezzo, come una occasione perduta proprio per questi tempi in cui non tutti i mali avrebbero potuto nuocere come invece è stato. Molti autori trattano ancora di edilizia scolastica o di architettura degli “spazi innovativi” per la scuola come se non fossero mai esistiti architetti critici, veramente innovativi e decisamente non à la page quali Aldo Rossi, Giancarlo de Carlo, Colin Ward o pedagogisti e filosofi come Ivan Illich, Charles Fourier, Celestine Freinet, Maria Montessori e tanti altri. Ho l’impressione che pochi mostrino, ahimè, una seppur minima intenzione di uscire da qual recinto di cui tante volte abbiamo parlato, all’interno del quale si vuole migliorare l’esistente perché sia più efficiente, efficace ed economico.Tornano ancora infatti le tre “e” che fanno la perfetta, perfida terna con le diabolicamente perseveranti tre “i” dell’inglese, l’informatica e l’impresa e le tre “c” delle conoscenze, competenze e capacità, parole chiave della scuola mercantile e classificatoria spesso abbracciata, poveri noi, con juicio anche da un certo establishment di cosiddetta sinistra media o estrema che sia.
Vi è addirittura tra gli autori, ma non me ne meraviglio più di tanto, chi ha firmato il nostro Manifesto della Educazione diffusa ed esprime concetti decisamente opposti al suo spirito, in fatto di spazi e luoghi dell’educazione, credendo ingenuamente che si possa continuare a costruire reclusori scolastici come nell’ ‘800, salvo renderli più belli, moderni, ipertecnologici o ipocritamente iperecologici. E’ emblematico proprio per questo il titolo del pezzo che sottolinea l’occasione mancata dell’educazione diffusa perché poteva essere felicemente sperimentata ovunque in questi tempi difficili, ampliando la platea di chi, comunque, ci sta coraggiosamente provando. Cogliere l’occasione avrebbe segnato l’inizio di una rivoluzione in campo educativo e di uso della città insieme, rinunciando finalmente al funzionalismo ingenuo degli edifici monumentali e monofunzione di cui giustamente aveva intuito l’estrema perniciosità anche Giovanni Papini più di un secolo fa. Consiglio la lettura dell’articolo rigorosamente insieme a tutti gli altri. Sarà chiara la diversità profonda tra le idee e la visione del futuro per l’educazione che qualcuno si ostina ancora a chiamare “scuola” per ricomprendervi concetti separati e separanti come: istruzione, addestramento, formazione, educazione formale, informale e non formale o quello che i pedagogisti francesi chiamano con un termine veramente azzeccato: “dressement”. Comunque ancora grazie a Giancarlo Cerini che offre spazio anche al dissenso come del resto hanno fatto di recente anche le riviste Educatiodue.0, Innovatio educativa, Le Télémaque e soprattutto, infine ma non ultima Comune-info.net.
Giuseppe Campagnoli Primavera 2021
Riferimenti e note:
Grazie per la foto di copertina “rubata” all’amica appassionata insegnante Titti Tarabella nella sua scuola del mare.
AA.VV. (2018) Il Manifesto della educazione diffusa. Comune-info.net Roma
Bion W.R., (1990), Apprendere dall’esperienza, Armando, Roma
Campagnoli G. (2007) L’architettura della scuola.Franco Angeli Milano
Campagnoli G. (2016) Oltre le aule. La scuola en plein air. Apple Books
Campagnoli G. (2019) L’architettura di una città educante. ReseArt Edizioni Pesaro
Capitini A., (1967-1968), Educazione aperta. voll. I & II., La Nuova Italia,
Codello F., Né obbedire né comandare. Lessico libertario, Eleuthera, Milano.
Dewey J., (2014), Esperienza ed educazione, Raffaello Cortina, Milano.
Freinet E., Freinet C., (1976), Nascita di una pedagogia popolare, La
Freire P., (2002), La pedagogia degli oppressi, EGA, Torino.
Illich I., (2010), Descolarizzare la società, Mimesis, Milano.
Montessori M., (2008), Educare alla libertà, Mondadori, Milano.
Mottana P., (1993), Formazione e affetti. Il contributo della psicoanalisi allo studio e all’elaborazione dei processi di apprendimento, Armando, Roma.
Mottana P., (2015), Cattivi maestri. La controeducazione di Schérer, Vaneigem,Bey, Castelvecchi, Roma.
Mottana P., Campagnoli G., (2017), La città educante. Manifesto dell’educazione diffusa. Come oltre passare la scuola, Asterios, Trieste.
Mottana.,P.Campagnoli G (2020) Educazione diffusa istruzioni per l’uso Terra Nuova Edizioni Firenze
Fourier C., (2006), Vers une enfance majeure, La Fabrique, Parigi.
Tramma S., (2009). Pedagogia della comunita . Criticita e prospettive educative, Franco Angeli,Milano.
Vigilante A., Vittoria P., (2011), Pedagogia della liberazione. Freire, Boal, Capitini, Dolci, Edizioni del Rosone, Foggia.
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ReseArt Arte, cultura, educazione, politica, sociale e varia umanità
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