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Buio, buio, buio…

L’arte della moda e la moda dell’arte a Forlì.

Perdersi tra luci, ombre e strade incerte. Il Mister linea ripescato creativamente a Nantes nel 2014 per guidare nelle vie artistiche e museali urbane sarebbe stato forse una bussola possibile.

Scultura in filo ricotto La Linea Osvaldo Cavandoli, La linea, cartone animato, filo art

Non so se i curatori e gli allestitori abbiano visitato in lungo e in largo nel tempo e nello spazio il mondo delle mostre. Non mi è parso proprio. Parrebbe che la moda prevalga sul buon senso e sulla perizia.

Dall’inizio alla fine è un continuo chiedersi e chiedere alle “maschere”, per la verità molto pronte e cortesi, quale sia la via coerente da seguire insieme al mio amico e collega architetto e artista Claudio, oltre che uno strabuzzare con gran disagio gli occhi da miopi e catarattati per distinguere quadri e scritti immersi nel buio quasi pesto. Non sarebbe anche questa una barriera architettonica?

Colpisce in tutta la compagnia di visitatori la ridondanza e la percepita confusione profusa di pezzi, quadri, oggetti, scritti in un percorso stremante e non chiaramente coerente, se non per una sottile cronologia, di avanti, indietro, a destra, a manca, sopra e sotto suggerito con grande impegno e palese fatica dalle giovani guide a volte un po’ insofferenti.

C’erano con noi anche delle esperte docenti di arte della moda e di storia del costume che hanno rilevato vuoti evidenti di contenuto nell’excursus storico, soprattutto concentrati nel periodo contemporaneo in relazione alle grandi firme italiane e straniere, insieme a sorprendenti ridondanze invece di qualche nome (Germana Marucelli ndr) pur apprezzando alcune scelte di accostamenti pittorici con stili e confezioni d’epoca. Resta impresso comunque l’impatto architettonico e logistico dell’allestimento non proprio azzeccato se si fa eccezione per alcuni indovinati dettagli che forse sono riusciti, si immagina, non proprio intenzionalmente.

Nelle foto che costituiscono il corpus di questo scritto si è cercato di illustrare l’impressione che abbiamo percepito come in un vagabondare (forse anche provocatoriamente originale) tra secoli, forme, colori, corridoi, penombre (o forse meglio ombre) e scoperte di angoli improvvisi, percorsi chiusi, stanze senza vie d’uscita, ricorsi di strade già sperimentate, interventi di mentori in divisa e guide indiane in extremis. Ultimo, ma non ultimo, l’ascolto dei sibili degli allarmi pronti a redarguire all’avvicinarsi dell’occhio, nel tentativo di decifrare le didascalie spesso illeggibili anche a brevi distanze per carenza di illuminazione. Non verrà in mente a qualcuno, fatte salve le tutele (spesso a dire il vero esagerate) delle opere, che la luce naturale, ben dosata e calibrata, sarebbe la soluzione migliore per la visione di tanti capolavori che comunque, al limite, in una accezione futuribile, sarebbero meglio fruibili e comprensibili nei luoghi della loro dimora abituale (ammesso che ne abbiano una), in una specie di mostra diffusa come accade sempre più per il museo diffuso? Alla fine della giostra, stremati per la lunghezza, le giravolte, gli andirivieni nella semi oscurità, e la sofferenza oculare purtroppo c’è stato un sospiro corale di sollievo. Non ce l’aspettavamo, anche per le precedenti esperienze nel bel locus artistico.

Giuseppe Campagnoli

Giuseppe Campagnoli, architetto ricercatore e saggista operante nel campo dell’educazione, dell’architettura per l’educazione e la cultura. Già docente e direttore di scuole artistiche a Macerata, Cagli, Pesaro e Riccione. Responsabile dal 2000 al 2006  dell’Ufficio Studi e Ricerche presso la Direzione Scolastica Regionale per le Marche del MIUR. Fino al 2012 nella lista degli esperti dell’ Education, Audiovisual and Culture Executive Agency della Commissione Europea e dell’UNESCO nel campo della cultura dell’education e della creatività. Fondatore e Amministratore nel 2013 del Blog multidisciplinare ReseArt.com dove scrive di scuola, architettura, arte, politica e varia umanità.Coredattore fin dal 2016 e firma del “Manifesto della educazione diffusa” pubblicato nel 2018.Numerose le pubblicazioni in campo educativo e sui luoghi dell’apprendere.  Collaboratore, tra le altre, della rivista on line Comune-info.net, della Rivista dell’istruzione, Education2.0, Terra Nuova, Innovatio educativa, Le Télémaque. 

E-learning ed arte.Il caso MoMa.

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Impara l’arte a distanza? Il caso di “Seeing Through Photographs” or Seeing Through american Photographs?

Ho sempre sottolineato i limiti della formazione e dell’apprendimento a distanza. Senza le relazioni di un lavoro cooperativo in presenza e la guida di uno o più “maestri” l’apprendimento e l’acquisizione di competenze sono limitati e, spesso, effimeri. Nelle arti, soprattutto applicate, queste considerazioni valgono ancora di più. Ho iniziato, soprattutto per sperimentare, un corso sulla fotografia lanciato sulla piattaforma Coursera dal Museo di Arte Moderna di New York (MoMa). Quasi a metà del percorso mi sono reso conto della pochezza e della aleatorietà dell’offerta. A parte l’incenso continuo e predominante riservato al museo ed ai fotografi d’oltre oceano nella parte teorica e storica, il progetto  non offre la possibilità di apprendere a realizzare un proprio prodotto fotografico magari valutato, dopo un precorso di apprendimento tecnico e artistico. Il corso poteva essere anche offerto a distanza per la tecnica e la pratica, finanche con una parte di verifica e valutazione, visto che, per esempio, numerosi sono i concorsi di fotografia che ti consentono agevolmente di caricare le tue opere da sottoporre al vaglio di giurie internazionali. Niente di tutto ciò. Le lezioni che seguono nel programma non prevedono altro se non contenuti audiovisivi, selezionati ad usum delphini, da studiare e riportare nei terribili questionari finali che, a ben osservare e provare con adeguate strategie, sono superabili anche con risposte del tutto casuali a partire dal terzo tentativo!

Alla fine del corso ecco invece l’ineffabile, risibile, prova finale, tesa a far acquisire la certificazione didattica, che lascio alla traduzione del lettore:

“Assignment: Final Project

Instructions       Now that you have completed the coursework for Seeing Through Photographs, use the following prompts to demonstrate your understanding of the course content.

Prompt 1 requires you to reflect on the concepts presented in the course modules and convey your interest in and understanding of those concepts.

Prompt 2 gives you the opportunity to select an image or series of images that relate to what you learned while taking this course and describe how and why this is a good addition to the module of your choice.
Review criterialess
When evaluating final projects use the rubric provided below, referring back to the course when necessary to confirm that the learner accurately describes the module’s ideas, issues and themes.”

Ho abbandonato perché mi sentivo ridicolo e un po’ anche gabbato seppure la quota di iscrizione sia stata anch’essa ridicola ma, forse, all’altezza del prodotto che, a dire il vero, non vale più di 50 Euro, certificato finale compreso. Non  consiglio il corso a nessuno, men che meno a chi avesse voglia di imparare ad essere e a fare. Se si va sul sito del MoMa stesso, della London National Gallery o di altri musei internazionali alla sezione fotografia, si trovano gli stessi contenuti anche se in modo spurio ma decisamente più libero e d asettico.

Giuseppe Campagnoli

Pace
La reciprocità e la tolleranza. Giuseppe Campagnoli. Menzioni in numerosi concorsi fotografici

Impara l’arte perchè è ricchezza.

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“Impara l’arte” Giuseppe Campagnoli su La Stampa del 17 Novembre 2010. Cosa è cambiato?

Una volta c’erano le botteghe degli artigiani e le scuole delle corporazioni. Oggi l’insegnamento è appannaggio per lo più della scuola secondaria: licei e istituti. Per la cultura, l’arte e l’archeologia in Italia oggi non è uno dei momenti migliori. Anche per l’educazione e l’istruzione si è giunti a toccare il fondo. Mi riferisco alle scuole del fare artistico. Non dimentichiamo che, come naturale evoluzione delle botteghe degli artisti e degli artigiani, delle scuole abbaziali e delle corporazioni di arti e mestieri, di quelle sorte nel tempo presso le fabbriche architettoniche, l’istruzione artistica in Italia – dalle scuole serali e domenicali di arti e mestieri agli istituti d’arte ai licei artistici – ha formato generazioni di artisti e di designer, tra cui molte personalità famose nel mondo per la moda, le arti figurative, il cinema. Nel tempo è invece avvenuta una diaspora di questa tipologia di istruzione «sul campo» unica in Europa e forse nel mondo, con l’omologazione forzata di istituti e licei nel coacervo dell’istruzione secondaria di secondo grado, la spinta irragionevole verso una improbabile «liceizzazione» di tutti gli istituti artistici secondari e l’inserimento nell’università dei Conservatori musicali e delle Accademie. La trasformazione si sta completando con le ultime riforme, che hanno di fatto avviato alla triste conclusione un’esperienza storica unica che non poco aveva contribuito alla costruzione del patrimonio artistico italiano degli ultimi cinquant’anni e al cosiddetto «made in Italy». Persino le guide pedagogiche e didattiche di queste scuole che fino agli anni Settanta si chiamavano«direttori» ed erano maestri e artisti, architetti, scultori, pittori spesso di chiara fama, ora sono dirigenti manager formati e scelti in maniera generica per tutti i tipi di scuole superiori. Credo siano necessari un ripensamento e una riflessione.”

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