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Il Corano ( .القرآن ) e gli altri libri sacri sono i libri di testo della sottomissione e del potere?

Una riedizione quanto mai attuale, da CH e dal Bataclan ed altri attacchi islamisti al terribile incubo di oggi di massacri di popoli e di idee di libertà a causa di orrende superstizioni e poteri a caccia di ricchezze, territori e dominio da ogni parte.

 

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Some words are very dangerous words written by dangerous men.

 

Il Corano ( .القرآن ) e gli altri libri sacri sono i libri di testo della sottomissione e del potere. Se qualcuno provò, da rivoluzionario e non da profeta, a riscrivere regole di eguaglianza e di libertà oltre che di fratellanza, fu tacciato di impostore e rivoluzionario sedizioso e messo al patibolo. Quando provò a dire che non doveva esistere ricchezza e povertà e che l’elemosina era il segno dell’iniquità fu rinnegato e   imprigionato. Nella mente dei suoi adepti risuscitò. In realtà è il suo messaggio rivoluzionario che sopravvisse alla triste e violenta realtà finche non fu strumentalizzato, distorto e adoperato a fini di potere.

 

Ed ecco a titolo di esempio la più buffa e ridicola delle regole che poteva valere tra le tribù del deserto. Ma è apprezzata molto dal mondo suino che dall’islam non ha nulla da temere mentre nell’occidente civile è ai primi posti delle mattanze di esseri viventi.

 

“[134] Allah (gloria a Lui l’Altissimo) ci proibisce tutto quello che è un male per noi. In moltissime lingue il maiale è sinonimo di sporcizia fisica e morale. Maiale, maialata, porco, porcheria, porcata, porcile, troia, troiata: quanto di peggio possa esprimere il comportamento umano viene espresso con colore ed efficacia per mezzo di questi termini. Basterebbe questa semplice considerazione per rendere l’idea della ripugnanza che dovrebbero ispirare le carni suine. Purtroppo la grande convenienza economica dell’allevamento fa sì che i non musulmani se ne cibino, con grave pregiudizio per la loro salute fisica e spirituale” (sic!)

In questi tempi terribili dove l’esclamazione di ancestrale memoria “mamma li turchi!” sembra tornata attuale, non solo per i credenti cristiani o ebrei o di altre religioni  (tutte più o meno colpevoli insieme al potere secolare e mercantile di tutte le orrende disgrazie del mondo) ma anche per chi si dice continuamente ateo od agnostico, occorre saper discernere con freddezza e scienza oltre che coscienza tra ciò che è generato da rivendicazioni di torti coloniali, guerre e calamità indotte dalle multinazionali occidentali e non solo e ciò che invece è generato da un presunto orgoglio di superiorità indotto a partire dal 600 dopo Cristo da un crescendo di potere, prima militare e confessionale e poi anche economico ( la turpe tratta degli schiavi la complice sudditanza dal petrolio) che ha portato alla conquista dell’occidente prima in forma militare, poi  finanziaria e ora, forse anche geografica e fisica con una serie di invasioni non sempre costrette dal disagio, attraverso le subdole azioni di cui il Corano, chiaro e trasparente come l’acqua, parla ad ogni piè sospinto, senza bisogno di alcuna intermediazione linguistica o culturale. L’ essenza del libro e delle regole per i suoi adepti non è mai mutata  nel tempo, così come per certi aspetti anche per l’antico testamento ancora in voga in altri lidi. Non nascondiamoci dietro un dito. Ce lo insegna bene, prima vittima sacrificale per aver detto la verità, Charlie Hebdo che non perde occasione, non certo da destra, di metter il mondo (non solo il perfido occidente) in guardia da certi pericoli  estremamente sottovalutati in nome di una integrazione che tutti sappiamo bene impossibile perché auspicata a senso unico. Il massimo che si potrebbe ottenere senza danni è una convivenza pacifica parallela,  distante e diffidente.

 

Abbiamo letto durante l’infanzia (giocoforza) la Bibbia e i Vangeli; li abbiamo riletti in adolescenza insieme ai filosofi classici, dell’umanesimo dell’illuminismo e dell’idealismo fino a Marx. Abbiamo letto più volte anche il testo orginale del Corano (tradotto dalla lingua araba senza commenti e interpretazioni).Ora siamo convintamente agnostici ma i tempi che corrono ci invitano ad approfondire le “norme” di una religione che è ridiventata drammaticamente d’attualità, nel bene e nel male. Abbiamo selezionato poche ma significative  frasi originali di alcuni versetti del Corano , molti dei quali  si ripetono come un mantra ad ogni piè sospinto, quasi dovessero ipnotizzare il lettore. Questi versi, così come sono trascritti, potrebbero avere riflessi devastanti sulla vita civile e sociale e sui diritti umani in generale mentre altri, contraddittoriamente, smentiscono platealmente qualsiasi guerra santa, rinviando ogni castigo per i “miscredenti” al giudizio universale. Sono testi che non sembra debbano  essere interpretati, a meno che le metafore non siano talmente criptiche da non essere affatto immediate. Queste parole sono rimaste intatte nel tempo senza una evoluzione e  a volte appaiono, a vista. poter costituire un problema per la libertà e la democrazia del mondo moderno e civile anche se, a tratti, per le palesi ambiguità potrebbero essere “girate” ad uso e consumo di chi vorrebbe giustificare guerre sante e violenza soprattutto contro chi non avrebbe capito che Mosè e Gesù non erano altri che i due primi messaggeri della divinità, in seguito corretti e superati definitivamente da Muhammad. Noi non siamo dei teologi ma sappiamo leggere. Si capisce bene anche, ad ogni riga, ad ogni citazione e ad ogni esempio, che il testo si rivolge ad una platea di tribù di pastori per incitarli anche alla difesa-offesa contro i nemici di quei luoghi in quei tempi. Si capisce bene qua e là  il saccheggio culturale da testi di religioni precedenti fin da Zoroastro. Studi linguistici accurati avrebbero anche mostrato come il Corano non sarebbe altro che la miscellanea di diversi testi biblici ed evangelici diffusi all’epoca di Maometto (che non era affatto illetterato, come invece miracolisticamente si vorrebbe far credere) in medio oriente.

 

Da molti versetti  per le tematiche più attualizzabili abbiamo tratto poche frasi e concetti  inequivoci e chiarissimi. Anche la Bibbia del Vecchio Testamento e il Talmud riportano molti concetti simili perché legati ai tempi in cui furono scritti o detti. In verità non il Vangelo, altri testi filosofici e il Capitale di Marx che mirabilmente moderni coincidono e si integrano in epoche così distanti.

 

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Educazione diffusa. Istruzioni per l’uso.

In libreria

 

Una proposta rivoluzionaria per superare la gabbia scolastica che imprigiona l’apprendimento e soffoca l’insegnamento: portare la scuola fuori dalle aule, a contatto con la vita di ogni giorno.
Il libro delinea i fondamenti dell’educazione diffusa e fornisce indicazioni pratiche e concrete per intraprendere questo percorso di “liberazione” dei bambini e dei ragazzi, restituendo loro il diritto di imparare affermando la libera soggettività.


                                     clicca sull’immagine per il link al libro

 
 
Superare l’idea della “scuola” come mondo confinato tra mura, distaccato dal resto della realtà e della società, in modo che il bambino e il ragazzo siano messi nelle condizioni di fare esperienze dirette nel mondo, quello vero, di ogni giorno. È la visione, fortemente innovativa, attorno alla quale Paolo Mottana e Giuseppe Campagnoli hanno formulato la loro proposta di educazione diffusa e di città educante. Che non è solo un concetto astratto, tutt’altro. È una logica, pianificabile e organizzabile, una nuova modalità per aprire ai giovani le porte dell’apprendimento e del sapere.

 

Questo libro accompagna il lettore (sia egli genitore, educatore, insegnante o qualsivoglia vocazione abbia chi si accinge a leggere queste pagine) attraverso un percorso chiaro e concreto per capire “come si fa” e “con chi si fa” l’educazione diffusa. Per cambiare veramente paradigma educativo, anche da domani. Basta volerlo. Un passo da « Educazione diffusa. Istruzioni per l’uso » di Paolo Mottana e Giuseppe Campagnoli » in uscita da Terra Nuova Edizioni Firenze. 

“La città diventa educante”

«Coraggio (o temerarietà), danari (poi non tanti…) e buon (o cattivo) senso

1. In una prima fase i centri storici e l’immediata periferia dovranno diventare totalmente pedonali e ciclabili disegnando una rete di linee sicure per bambini, ragazzi, anziani, disabili e comunque per tutti, guidate da colori e indicazioni chiare e stimolanti. Basta una delibera e un’ordinanza.

2. Accordi e convenzioni con vari luoghi (botteghe, orti urbani, agricoltori, musei, teatri, laboratori, centri sociali e di quartiere, residences di accoglienza di migranti ) che fanno da tappe durante i percorsi in città e campagna. Bastano accordi di programma, protocolli e intese promosse dai presidi e dai sindaci o da uno di questi.

3. Dovrà essere costruita nel tempo una rete di piste ciclabili e pedonali o ampliata dove già esistesse purché protetta dal traffico veicolare (con quinte di verde, paraventi mobili e strutture disegnata e costruita in modo partecipato. Il traffico veicolare va contenuto e ridotto drasticamente e progressivamente con ordinanze e determine per fermarlo ai limiti urbani e rurali magari costruendo degli hot spots di raccordo con terminal di bus elettrici, cicli e monopattini e piccoli tram urbani, nell’intento di rallentare i tempi e ricondurre la vita ad una forma sostenibile per tutti. Alla faccia della stupida corsa al profitto!

Molte città e molte associazioni hanno provato con convegni, progetti, iniziative a rendere autonomi i bambini e ragazzi nella città. L’unico grave difetto è averlo voluto fare dentro il recinto di spazi, di regole, di orari e programmi della scuola attuale senza pensare ad un suo ribaltamento seppure possibile anche dentro le norme attuali, con sperimentazioni e spazi dell’autonomia, con accordi e sinergie con chi gestisce e chi vive la città. Credo che solo dentro un progetto come quello dell’educazione diffusa si possa veramente liberare l’uso della città in funzione educante e fare sempre di più a meno di reclusori scolastici più o meno mitigati.

Quali sono allora i passi minimi da fare?

• Il preside della scuola insieme a genitori, insegnanti, associazioni fa un accordo con il sindaco, (o con ilo sindaco e il capo della moribonda provincia nel caso di una scuola secondaria di secondo grado) con associazioni di artigiani e mercanti, con i capi di musei, teatri etc. e prepara la rete delle “vie” e la mappa dei luoghi da connettere alla base (l’ex edificio scolastico, il nuovo portale, l’edificio pubblico o privato trasformato ad hoc…) ed eventualmente da modificare e riadattare con un piano a breve, medio o lungo termine.

• Il preside, i docenti, le famiglie le associazioni, anche in seguito agli accordi col territorio

trasformano, nel caso non vi fosse altra soluzione per un portale ad hoc, il reclusorio scolastico in una base aperta, senza aule e corridoi, senza uffici (espulsi altrove) ma con spazi comuni, aperti, biblioteche, auditorium etc.

• gli stessi di sopra rivoluzionano il tempo scuola e il cosa-scuola applicando l’educazione

diffusa, le aree di esperienza, i mentori e gli esperti, la libertà e la curiosità, la gaia ricerca e l’apertura delle menti di tutti, nessuno escluso, in un progetto-canovaccio da condividere e far partire per un anno intero di prova.

• la scuola, le famiglie, le associazioni, i municipi, i privati coraggiosi e non mercantili aiutano con oboli, tempo libero e contributi in natura, a sostenere l’iniziativa.

• In definitiva, per cominciare si costituisce modularmente una splendida minimal joint venture

(all’avventura!) per organizzare e realizzare anche in piccolo una città educante

1) Il preside, gli insegnanti e le famiglie promuovono il progetto magari insieme ad una associazione o a gruppi di cittadini volonterosi e avanzati (nel senso dell’andare avanti)

2) Il progetto viene offerto al sindaco, all’assessore, al capo della provincia, ad altre amministrazioni locali, ad altre scuole che volessero unirsi, come una specie di canovaccio che contiene le linee di gaia educazione diffusa di quel territorio e l’idea di massima per la rete di luoghi del posto, a partire da un portale plausibile (la vecchia scuola, un edificio pubblico o privato da riutilizzare con poco…) da riadattare, trasformare o realizzare ex novo.

3) un accordo o una convenzione tra i soggetti istituzionali e associati detta i tempi e le modalità di realizzazione, gli eventuali finanziamenti, le questue e le collette, le modalità degli interventi diretti di cui si è già parlato e gli esperti da coinvolgere nel gruppo-guida da costituire.

4) assemblee, riunioni, pubblicità serviranno a sensibilizzare e coinvolgere altri attori mentre si comincia a scrivere, disegnare, fotografare, assemblare, reperire materiali e oggetti, smontare e ricostruire. Ogni quartiere, ogni città, borgo rurale, marino e montano, avrà un progetto con la sua fisionomia, nato così per rendersi vivo progressivamente.

5) le scelte operative ed i progetti esecutivi non si possono classificare e anticipare perché dipendono ovviamente da tanti variegati fattori locali tra cui la forma e lo stato di conservazione di luoghi e manufatti, la possibilità concreta di trasformarli, la disponibilità di materiali e attrezzature (pannelli, arredi, sedute, piani…) da riciclare, la disponibilità di architetti, carpentieri e bricolagisti non necessariamente professionisti del mercato ma anche familiari, sociali e volontari.

6) Se si avessero a disposizione vecchi barconi o paranze, carrozzoni e roulottes, vecchi bus, multi risciò e tandems si potrebbero allestire tante aule vaganti pronte a partire dalla base e a diffondersi per la città e il territorio

7) le questioni di sicurezza, tutela dei minori e prevenzione dei rischi (ma è davvero necessario per una vita piena di salutari imprevisti?) si risolve facilmente con patti di assunzione di responsabilità sottoscritti dai soggetti coinvolti

Bonne chance! »
Biografia degli autori
Campagnoli Giuseppe
Giuseppe Campagnoli è architetto, ricercatore e saggista. E’ stato docente, direttore di scuole artistiche e responsabile dal 2001 al 2006 dell’Ufficio Studi della Direzione scolastica regionale per le Marche. Opera nel campo dell’educazione, dell’architettura per l’educazione e la cultura, nonché della formazione in campo artistico. Ha fondato e amministra il blog multidisciplinare ReseArt.com, dove scrive di scuola, architettura, arte, politica e varia umanità. Collabora con la rivista Comune-info.net, e ha collaborato con Innovatio educativa, La Rivista dell’istruzione, Educationdue.0 e Edscuola.eu.

Paolo Mottana
Paolo Mottana è professore di Filosofia dell’educazione e di Ermeneutica della formazione e pratiche immaginali all’Università di Milano Bicocca.
Ha ideato l’approccio dell’educazione diffusa, illustrato in numerosi libri e articoli. È co-fondatore del progetto “Tutta un’altra scuola” e coredattore del Manifesto della Educazione diffusa. Collabora con numerose riviste del settore pedagogico e non solo e segue come consulente le prime sperimentazioni sulla pratica dell’educazione diffusa.
 

Il disegno della città che educa. Il libro.

 

Lanciamo la campagna di contribuzione per l’edizione del libro contenente le indicazioni per il disegno della città educante in termini architettonici ed urbani. La naturale prosecuzione del volume “La città educante. Manifesto della educazione diffusa” in chiave architettonica, tende a mettere nelle mani di amministratori, architetti ed educatori gli strumenti teorici e i suggerimenti concreti per costruire fisicamente una città dell’educare attraverso la trasformazione dei suoi luoghi e dei suoi spazi emergenti. Sarà uno scritto fatto con il contributo dal basso e, se le rose fioriranno, potrà vedere la luce nel primo scorcio del 2018, esattamente un anno dopo l’uscita del volume-madre di Paolo Mottana e del stesso Giuseppe Campagnoli. Forse l’editore sarà lo stesso ReseArt o qualche mecenate indipendente che volesse completare il discorso della città educante.

ReseArt Settembre 2017

Ecco il link della piattaforma di contribuzione:

https://www.produzionidalbasso.com/project/la-scuola-senza-mura-disegnare-la-citta-che-educa/

Presto il titolo definitivo e la copertina.

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