Le archistelle pontificano

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Calatrava

Disegno di Calatrava per Genova

E’ di qualche ora fa la notizia che nella gara tra le due stelle architettoniche dei ponti (pontifices) l’ha spuntata il senatore Renzo Piano. Due ponti, due città, due storie di segni  e una sola filosofia. Venezia e il ponte di Calatrava, Genova e il ponte di Piano. Facili sarebbero le battute se non fosse che ne va dell’architettura, dei soldi pubblici e del decoro di due città emblematiche. Nota è la vicenda del ponte pedonale che conduce al piazzale della stazione a Venezia opera di Santiago Calatrava, multinazionale dell’architettura come Renzo Piano, che mantiene alcune criticità di statica, di barriere architettoniche, di gradini, di costi in generale. Il progetto del ponte di Genova, per ora solo un disegno e un costo preventivato che pare essere, fino a prova contraria, uno slancio da poetico filantropo  del pluripremiato architetto verso la sua città sarà appaltato alle solite note multinazionali. Ammesso che nel frattempo l’altro pontefice non faccia ricorso con la sua cordata di imprese.

Multinazionali gli architetti e le imprese dunque. Alla faccia di tanti professionisti seri e preparati e forse meno mercantili e tecnologici ma più sociali e artisti. L’arte come mercato o il mercato come arte? Questione di stile? Un tempo si parlava dell’architetto condotto, come il medico, una figura di intermediario sociale tra la collettività, la città e il territorio per curare le loro sane trasformazioni: dalla residenza al verde, dai monumenti agli edifici pubblici, dai ponti e grandi strutture (come si chiamava una materia in cui feci un esame complementare tanto tempo fa). Oggi le “cose importanti” non le fanno più gli architetti ma le imprese di architettura e le loro holdings multinazionali con tanti schiavi disegnatori ai remi. E’ sempre il mercato bellezza!

Progetto del ponte di Genova (Renzo Piano)

Integrando le letture fondamentali della città e del movimento moderno si arriva ad acquisire gli strumenti essenziali alle nostra disciplina, li unici strumenti capaci di portare alla costruzione logica di un progetto che non è nient’altro se non di architettura percvhè per essere tale non deve assolutamente sconfinare in campi che non sono di pertinenza dell’architetto e che invece pretendono di risolvere problem di architettura con strumenti che le sono estranei”
“il concetto di funzione preclude l’essenza autonoma dell’oggetto architettonico,facendone una forma concepita per una specializzazione,mistificando la validità di una operazione progettuale che si configure come la costruzione di un manufatto architettonico o di una parte di città che potranno assumere nel tempo diverse funzioni”
“un intervento da architetti nel territorio deve essere solo un progetto di architettura”
“L’architettura è una elaborazione collettiva nella storia in un luogo che è la città, capace di formarsi e trasformarsi rileggendo continuamente sè stessa”
“E’ solo leggendo e scomponendo la città e il territorio nelle loro parti che può derivare il progetto come costruzione dell’ architettura per ristabilire quell’equilibrio spezzato dalla speculazione edilizia e dagli interventi dissennati sul territorio ”

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Il Beaubourg a Parigi. Quando Renzo Piano ( insieme a Franchini e Rogers) forse era solo un architetto.

“Il tempo, si diceva all’università negli anni ’70, si sarebbe dovuto spendere, almeno per un ventennio, nella ricerca urbana e architettonica per costruire uno stile contemporaneo e collettivo sia per la città che per la campagna, per gli edifici pubblici che per quelli privati e residenziali. Niente di tutto ciò in realtà è stato davvero fatto. Basta osservare il territorio : dell’architettura non c’è traccia. Lo stile contemporaneo è un desolante eclettismo informe, un’accozzaglia di manufatti che non hanno nulla di estetico e sovente nemmeno nulla di funzionale. Se si glissa sul comprensibile ma non accettabile analfabetismo estetico e architettonico delle molteplici figure di paraprogettisti, non si può trascurare il penoso vuoto culturale della maggior parte degli architetti sul mercato e la loro vocazione prevalente e comune anche ad altre categorie di professionisti ed imprenditori al mero profitto o alla elucubrazione stilistica fine a se stessa per farne dei monumenti al proprio ego. Non si capisce nemmeno il  gran successo delle nostre archistelle nel mondo se non con un degrado culturale ormai globalizzzato e che giudica l’architettura prevalentemente dai falsi miti della tecnologia e dalla paraecologia. Non ci sarebbe bisogno di tante elucubrazioni tecno-ecologiche se solo si conoscesse la storia e ci si comportasse di[…]”

Venezia e immagini di ponti della storia dell’arte (Il ponte di Langlois di Van Gogh e quello di Dolceacqua di Monet)

Giuseppe Campagnoli 19 Dicembre 2018

Passi di: Giuseppe Campagnoli. “Questione di stile”. ReseArt blog 2014, 2014. Apple Books. https://itunes.apple.com/WebObjects/MZStore.woa/wa/viewBook?id=876491744

Leggi anche: https://comune-info.net/2018/12/trasformare-e-riadattare-la-citta-diffusa/

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